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Dov’è finito il pudore?

Viviamo un’epoca formidabile…..non so da dove cominciare l’elenco delle volgarità della società contemporanea. Da Donald Trump? Da Facebook? Dai Talk-Shoow? Dal Body Building? Dai Centri Commerciali? Dai Taggers? Facile farsi prendere dal disgusto difronte a un mondo alla deriva, che sembra condannato ad un futuro sempre più superficiale e irresponsabile.

Cos’è successo agli uomini che accettano di farsi governare da persone senza etica, avidi solo di soldi e potere?

Non troppo tempo fa, c’erano uomini politici con i quali si poteva anche non essere d’accordo, ma che avevano un senso del dovere civico, del rispetto delle regole. Oggi, è tutto un urlare e darsi addosso, di slogan vuoti di senso e promesse palesemente impossibili da mantenere.

In tutto quel chiasso insensato, è difficile individuare una voce sincera e propositiva. Tenere un discorso coerente è diventato una chimera, nel grande calderone della politica gridata e aggressiva. E tutta una escalation di violenza che porta inevitabilmente a guerre e sopraffazioni.

I comportamenti umani sono sempre più dettati da calcoli senza scrupoli per realizzare i propri egoistici interessi. L’altro è solo un ostacolo da rimuovere sulla strada del proprio successo personale. L’individualismo regna sovrano, in un mondo sempre più lontano dalla condivisione, dalla solidarietà e dall’empatia. Il culto della personalità domina la scena, dai calciatori alle soubrette, dai manager ai leader politici, e la gente sembra sempre più avida di seguirne le gesta e le bravate…..

Questo teatro decadente ha ucciso il buon vecchio senso comune. Sembra che nessuno sa più distinguere un uomo onesto da un fanfarone. Viene il dubbio che l’uomo onesto è una roba del passato. Remoto. Ci sono tanti attori esecrabili sul proscenio, che non si vedono più persone ammirevoli, coraggiose, disinteressate. Quelle di cui avremmo tanto bisogno! Qualsiasi scemenza prende l’aria di una verità. Si possono dire cose senza senso e farle passare per grandi pensate……Intanto, l’audience non sa più distinguere niente.

Analisi troppo dura, esagerata, cupa? O forse è la vecchiaia che incombe, e divento più irascibile…?

Fatto sta che abbiamo perso molte cose buone negli ultimi trent’anni. Che corrispondono più o meno al trionfo del trash in televisione, all’avanzamento dei populismi fascistoidi, alla perdita di memoria, all’indifferenza verso le sorti del mondo. Abbiamo perso rispetto per l’altro, ma anche la curiosità verso l’altro. Internet ci illude di offrirci il mondo su un piatto, che si può trovare lì la risposta a qualsiasi domanda e soprattutto in pochi secondi e spiegata in poche parole. Non bisogna dover tropo riflettere! I nostri cervelli si stanno disabituando a usare le cellule grigie…

Abbiamo perso il senso delle sfumature, delle sottigliezze. Il nostro mondo è fatto ormai solo di crude evidenze, di pesanti sentenze, di micidiali giudizi. Una specie di dittatura della semplificazione sta facendo una strage di tutte le emozioni, sensazioni, intuizioni che non si posso chiudere in twitter.

Così come abbiamo perso la capacità di sognare, di inseguire utopie, di immaginare un mondo diverso.

Il trionfo della globalizzazione capitalista è dovuto in gran parte all’abbandono di ogni idea libera dalla dittatura dei soldi. Quante volte, davanti all’espressione di un desiderio, di una voglia, di un progetto, ci si sente dire: “si, ma hai i soldi per realizzarlo?”.

Forse più di tutto, però, abbiamo perso il senso del pudore.

Ritorno alla mia infanzia e adolescenza. Non mi ero mai accorto che c’era il pudore, tanto era normale. Le storie di umana sofferenza, le separazioni, le incomprensioni, le mancanze, stavano in disparte, nell’intimo delle persone colpite. Certo, si poteva sentire nell’aria, negli sguardi, nelle mezze parole, che qualcosa non andava bene. Ma si aveva la discrezione di non buttare la propria anima in mezzo alla piazza. Così come non si esibiva in forzate espressioni di gioia, quando le cose andavano bene.

Il pudore dettava i comportamenti quando si stava in compagnia. Mai si sarebbe sognato di mettere sulla pubblica piazza i propri sentimenti verso una persona desiderata, come oggi si fa invece sui famigerati social networks. L’intimità era cosa naturale, protetta da convenzioni millenarie. E si stava attenti di non mettere in mezzo qualcuno che ti aveva dato un segreto, solo per sembrare chissà chi…

Il pudore ha poi a che fare con un senso di umiltà, un senso di modestia. Riporta a un sano istinto di auto-limitazione. Non c’è bisogno di essere sempre il centro dell’attenzione, non c’è bisogno di parlare più forte degli altri, non c’è bisogno di sopraffare l prossimo, per essere qualcuno. Il pudore invita a riflettere, a misurare le parole, a stare attenti a non offendere, a non ferire. E’ una guida nei momenti difficili, quando la vita sembra accanirsi su di noi, e uno vorrebbe gridare il proprio dolore, ma si capisce  che è meglio il silenzio e la pazienza.

Allora, con il pudore, l’uomo può ritrovare in se stesso la tranquillità necessaria per affrontare il lungo viaggio della vita. Laddove la precipitazione e l’affanno ci porterebbero a sbagliare strada, a fare male le cose, il pudore di non pensare di avere sempre ragione, di non mettersi in mostra, di non esibire il proprio ego in piazza, ci prende per mano e ci indica la via dell’attenzione, dell’ascolto, del rispetto.

Sogno un mondo dove ci sarebbe spazio per virtù come la delicatezza, la dolcezza, il controllo di se, la lungimiranza dei sentimenti, tutte componenti del pudore e tutte pietre fondanti di un approccio non violento alla vita.

Oggi, siamo prigionieri di diktat comportamentali duri, irrispettosi, violenti e volgari. Sembra impossibile sottrarsi alla legge del più forte, del più arrogante, del più veloce.

Il pudore può essere invece una forza tranquilla che ci permette di desistere da questi atteggiamenti, lasciandoci riscoprire la complessità delle cose, dei rapporti, delle relazioni.

Si può immaginare allora una vita più ricca di poesia, di meraviglia, di emozioni. Una vita meno frastornante, meno stressante, meno psicotica. Una vita fatta di piccoli gesti e attenzioni, di leggere intuizioni e consigli, di dolci sostegni. Si scoprirebbe un mondo pacifico e caldo fatto di rispetto, di altruismo, di amore. Un mondo dove ognuno è degno, ognuno è uguale, ognuno è portatore di speranza. Lontano mille miglia dal mondo della competizione, della sopraffazione, del trionfo dell’individualismo.

Articolo di Christoph Baker.  Scrittore. Vive nel sud della Francia. Per gentile concessione della rivista “In dialogo”.

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