ArticoliRonson Max de Oliveira Souza.

Iwo o o o! Viva “chi non se ne è andato!”

Un antenato che ha figli e devoti non dorme

Non dorme e non dimentica la sua casa in cielo,

Padre mio, non abbracciare mai l’albero dell’oblio,

Non dimenticare mai le persone che ti lodano.

Riprendo la nostra condivisione sula filosofia africana yoruba, ricordando il nostro amico Antonio Vermigli, che ha voluto che questa condivisione avvenisse in questo modo fin dal 2001.

Il mio argomento di oggi è Ancestralità. Nel mondo yoruba la morte è vista come parte della vita. Non rappresenta la fine, ma il nuovo inizio del viaggio dell’anima, forza Divina che prende forma e realizza la costruzione del mondo. Nel suo tempo e nel suo spazio, collettivamente, il soggetto apprende la dinamica dell’Universo chiamata esistenza. Se questa eredità è dono di poteri, amori, vittorie e qualità, è anche, dialetticamente, trasferimento di dolori, traumi, fragilità, errori e fallimenti.

Vi racconterò come gli Yuruba concepiscono la multidimensionalità dell’esistenza umana: esistono mondi paralleli ad Aiyé (terra), conosciuti come Orun (cielo). È in questo spazio che vivono le divinità, gli antenati e gli Ancestrali. Pertanto, Orun e Aiyè sono in costante contatto e scambio.

Solo gli Spiriti dal carattere semplice sono considerati Ancestrali e se ne venera la memoria. Non muoiono mai! Il loro onore è sempre ricordato, la loro generosità venerata e la loro gentilezza apprezzata. Ogni Ancestrale è un antenato. Ma in questa concezione non tutti gli antenati diventano un Ancestrale Onorevole, benefattore dell’umanità a partire dalla loro comunità.

Il criterio per questa scelta è il bene e il servizio alla collettività. Non è in alcun modo la fragilità umana a definire questa selezione: sono l’amore e il servizio che rendono concreto questo amore e a far sì che la creazione si realizzi è l’asè (axè). 

La Terra è “Aiyè Dun”, un dolce posto in cui vivere. Quindi vogliamo restarci, e consegnare i nostri corpi alla terra solo dopo una vita lunga e appagante. Ecco perché la morte in vecchiaia viene celebrata e festeggiata. Il ciclo della natura è stato compiuto. Invece la morte di bambini e giovani è motivo di tristezza per le tante possibilità di felicità che non si realizzano. Continuare a tornare sulla Terra per visitare i propri discendenti è un grande piacere. Ciò avviene in modo più organizzato attraverso il culto di Egungun e degli antenati della famiglia. Partecipare alla vita della comunità mantiene “chi se ne è andato” e coloro che restano sulla terra sempre legati fra loro dall’affetto e dalla festa perché il culto di chi è partito, ma non se ne è andato, è sempre una grande festa! 

Egungun è il culto ancestrale più diffuso e popolare nelle terre Yoruba, in Africa, nella disapora africana nelle Americhe e nei Caraibi, e in Europa nei Templi di Orixa in Slovenia, Italia e Portogallo. Porta con sé differenze regionali, locali e famigliari, tipiche delle dinamiche di ogni luogo.

Il culto delle antenate, le nostre Madri, si chiama Geledè e fa parte di un sistema in cui il collettivo delle madri e il potere creativo femminile sono strettamente legati alla terra e al pianeta chiamato anche Ayiè. Il nome del pianeta e la vita stessa vengono confusi con il termine madre. Iya mi Aiye. 

Egungun e Geledè sono società segrete e iniziatiche. I loro capisaldi rituali e liturgici sono protetti dagli iniziati. Magie e prodigi accadono attraverso la forte manipolazione dell’energia minerale, vegetale e animale in una grande alchimia. L’biettivo è sempre quello di portare benedizioni per il mantenimento della salute, per il suo recupero e per la guarigione. Antenati, Orixas e Forze della Natura sono unici per un unico obiettivo: favorire e sostenere l’essere umano e realizzare il suo destino. Ma quale destino? Quello della realizzazione personale, per e nella comunità Egbè. Ci sono due aspetti  nel culto di Egungun: il culto dell’Antenato Universale e il culto degli Antenati individuali. Sono questi ultimi che si presentano pubblicamente nei Festival e durante le loro “visite” ala comunità. Vestono e animano un’ASO (vestito) composto da più parti simboliche che rappresentano la diversità della vita e la mlteplicità delle generazioni e dei figli. L’”abalà” (strisce di stoffa) è molto colorato e presente in grande quantità. Quando Egungun balla, è uno spettacolo di luci e forme.

Gli “Arà Orun” (Popolo del Cielo) sono coloro che, attraverso le loro virtù umane, hanno mostrato la loro statura divina. La loro condizione spirituale dopo il passaggio da questo mondo li rende capaci di spostarsi tra Orun e Aiyè, quando vengono invocati dalla loro comunità o celebrati per consigliare, correggere, benedire, consolare o semplicemente venerati per fare festa.

Vengono venerati gli Oku Orun, i famigliari defunti di ogni persona, siano  essi Egungun o meno. Questo culto avviene attraverso l’Egungun Collettivo, come principio universale – un Irùnmolè. Secondo la credenza Yoruba, Olòdunmarè, il Dio Supremo, creò gli Spiriti che controllano la creazione. Hanno la funzione di collegare l’Essere Umano con la natura, i suoi poteri e gli axè particolari necessari alla sua realizzazione sulla Terra. Egungun dà significato alla discendenza e all’ascendenza della specie umana. È la fonte ancestrale dell’umanità sulla ruota dell’Universo.

(31)

Loading