Andrea Cantaluppi articoliArticoli

Costi alimentari e futuro della Terra.

Cibo attuale e non del prossimo futuro

“ Spiedini di insetti croccanti: non c’è niente di più preistorico nella dieta umana”. Così scrivono le due ricercatrici Carol Coricelli e Sofia Erica Rossi nel loro ultimo libro: “Guida per cervelli affamati”.

In un loro capitolo si affronta il tema della produzione alimentare, la sopportabilità dei costi e lo sfruttamento insopportabile del nostro pianeta, ponendo il tema della modifica culturale del nostro modo di alimentarci.

Nonostante gli insetti siano presenti nella dieta di circa il 70% della popolazione mondiale, la FAO, organizzazione dell’ONU,  ha iniziato sin dal 2013 una grossa campagna di sensibilizzazione del consumo di questi animali.

Occorre riflettere sul fatto che l’intera catena alimentare del mondo contemporaneo non è più sostenibile: fino a qualche anno fa una singola catena di fast food vendeva circa 75 hamburger al secondo, 4500 al minuto, 6.48 milioni al giorno, e 2 miliardi e 365 milioni ogni anno. Qui era stata calcolata solo la versione base del panino. La quantità annuale del cibo sprecato potrebbe essere un ottimo punto di partenza per  sfamare milioni di persone denutrite nel mondo. Sempre secondo l’ONU, nel 2019 sono state quasi 690 milioni, di cui 381 milioni in Asia, 250 milioni in Africa e 48 milioni in America Latina. Se si contano invece coloro che – sia per l’aumento dei costi alimentari sia per la scarsa disponibilità economica – faticano ad avere una dieta equilibrata e nutriente, il numero delle persone che affronta livelli medio-gravi di insicurezza alimentare sfiora i due miliardi.

I paradossi del nostro tempo ci portano a consumare molto più di quello che riusciamo a rigenerare: servirebbe un pianeta e mezzo per mantenere lo stile di vita attuale e tra trent’anni addirittura tre pianeti.

Per produrre un kg. Di carne, occorrono migliaia di litri di acqua e diversi chili di mangime. Proprio per questo gli insetti sono annoverati come possibile soluzione al problema: facendo il rapporto tra la quantità di mangime impiegato e il prodotto finale, per esempio, da 10 kg. di mangime si ottengono 1 kg. di manzo (quasi una bella fiorentina), 3 di maiale, 5 di pollo e ben 9 di locuste. Va detto che gli insetti hanno bisogno di 0.05% di acqua rispetto ad un bovino adulto, cioè più di 10 litri rispetto agli oltre 15 mila.

Un ragionamento simile vale per le simil-carni vegetali ( già in vendita in alcune catene di fast food) e per la carne vegetale prodotta in laboratorio. Per questa prossima attività gli esperti parlano di una riduzione potenziale di utilizzo dei terreni del 99%, dell’uso dell’acqua dell’82-96%, delle emissioni di gas serra tra il 78-96&, fino a una riduzione dell’energia utilizzata tra i 7 e il 45%.

Il modo di produrre creato dal capitalismo più selvaggio, che alleva il suo figlio prediletto: il consumismo, non è più sostenibile.

Che si tratti di insetti, alghe, meduse, cibi artificiali o elementi nutritivi disidratati per essere spediti nello spazio, i cibi del futuro sono molti e molto diversi fra loro. Se un giorno il loro utilizzo sarà sdoganato dalle autorità competenti, le difficoltà a incorporarli nella nostra dieta saranno da attribuire unicamente a un rifiuto culturale, e non, al contrario, sensoriale o gustativo. L’introduzione di nuovi alimenti, come ci insegna la storia, è un processo lungo ma non impossibile. Chi l’avrebbe mai detto che in Italia, il paese che forse più di ogni altro ha una profonda identità culinaria, i cittadini avrebbero gustato felicemente riso bianco e pesce crudo, avvolti in alghe di mare?

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