“Ol put che bala” (dialetto berrgamasco) IL PONTE CHE BALLA
Pensando e ripensando alle misure politiche messe in atto da vari governi, soprattutto quelli in Europa e in Nord America, è venuto a galla un ricordo interessante. Si ricollega ad una esperienza avuta su “ol put che bala”, un ponte sospeso sul fiume Brembo e che collegava il versante su cui scorreva la strada principale della valle e la piccola contrada (40/50 abitanti), adagiata dall’altra parte del fiume, con i pochi prati verdi prima della pineta molto fitta.
Il ponte era sospeso e tenuto insieme da due grossi fili di ferro che scorrevano sui due lati alti della ringhiera; a questi erano agganciati anche i sostegni della stretta (70-80 cm.) pavimentazione di legno, su cui grandi e piccoli poggiavano i loro piedi per passare da una riva all’altra del fiume, entro i cui argini scorreva indisturbata una massa di acqua notevole, soprattutto quando i cieli avevano deciso di svuotare le loro riserve. Chi lo attraversava doveva star vicino al compagno o compagna per evitare oscillazioni pericolose, con il rischio di finire nelle acque sottostanti.
E’ questa esperienza oscillante che si avvicina all’alternarsi dei movimenti vari a livello internazionale, tutti miranti, almeno intenzionalmente, a restaurare o rinforzare la pace e la convivenza pacifica, pur soffrendo, con il trascorrere del tempo, di movimenti, come appunto avveniva un tempo su “il put che bala”. L’unica grande differenza è che il ponte in Val Brembana poteva essere attraversato in alcuni minuti prima di posare i propri piedi su terra ferma. Le vicende della politica internazionale che stiamo vivendo da tempo assomigliano sì al put che bala, ma senza, almeno finora, che ai contendenti sia data la possibilità od ottengano il risultato sperato: raggiungere la terra ferma = soluzioni durature o meno precarie di quelle attuali.
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