Normanna AlbertiniPoesie

Poesie contro la guerra.

Normanna Albertini

(insegnante e scrittrice)

N°1

E lui, il bambino, scompariva.

Il Carpentiere e il Bambino.

(parla il carpentiere delle bare)

Con le mani piene di polvere,

con la faccia sporca di segatura,

lavoravo, giorno dopo giorno,

costruendo casse di legno per chi non respira più.

“Ce ne sono altri lassù?” chiedevo,

“Ce ne sono altri qui sotto?”

E la risposta era sempre sì.

Nel mio paese, lavoravamo tutti,

noi, carpentieri delle bare,

mentre la guerra ci toglieva ogni speranza.

La guerra ci svuotava,

portava via le stelle dal cielo

e sorrisi dai volti dei bambini.

Restavamo soli, a mendicare

una purificazione ostinata

per vite incerte e fragili.

Nulla nascondevo nelle tasche,

se non ricordi di fuoco,

che diventavano più forti col tempo.

Quanti ricordi si possono conservare?

E a che serve, se altri circoscrivono i nostri sogni?

Sollevavo una conchiglia dalle sabbie del tempo,

avrei voluto nascondermici dentro,

per sempre.

Poi c’era lui, il bambino,

afferravo la sua mano con cura, 

ma non potevo promettergli un mondo migliore.

Non potevo insistere,

lasciavo solo il mio segno

sulle sue dita congelate.

Camminavamo insieme,

ghiacciati, senza paura delle bombe,

marciando verso la scuola,

dove ogni giorno si ripetevano lezioni,

con cui non eravamo mai d’accordo.

Gli avevo promesso che il domani sarebbe stato diverso,

senza cemento, senza asfalto, senza bombe,

che avremmo corso a piedi nudi sull’erba,

senza preoccuparci di dove guardava il soldato.

Ma tremavamo, davanti alla porta della scuola,

gli strofinavo le guance con le mie dita fredde,

avrei voluto dirgli che è tutto una bugia,

che nessuno merita questo.

Volevo dirgli che non ci sono tesori,

né alla fine delle storie, né in un mondo perfetto.

Il suo naso era assiderato,

e la sua anima protetta dal gelo,

ma gli occhi gridavano terrore.

Vorrei ribellarmi,

a questa morte che ci invade,

ma mi nascondevo, dormendo su vecchie coperte

dove non esistevo, non vivevo, non pensavo.

E lui, il bambino, scompariva,

tra gli altri, in quell’imbuto grigio,

senza mai mostrare sguardi d’odio.

Lo aspettavo, nascosto nell’ombra,

e alla fine delle sue lezioni,

uscivo a prenderlo per mano.

La guerra?

Non la percepivo più,

in mezzo alla guerra,

era solo un’ombra silenziosa,

che ci inghiottiva tutti.

(42)

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