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Una lezione inascoltata.

Le guerre sul nostro pianeta non si spengono, ma caso mai si spostano anche in altre località. Tutte rappresentano una drammatica e dolorosa e deprimente constatazione di non porre fine e finalmente risolvere i propri conflitti in modo pacifico. Non sono pochi i luoghi, in cui il suono delle bombe rassomiglia ad una colonna sonora. La guerra non solo distrugge vite umane e patrimoni culturali, ma lasciano cicatrici sanguinanti, i cui effetti vengono poi raccontati e tramandati di generazione in generazione.

Tuttavia, nonostante questa enorme sofferenza, il mondo e i governi belligeranti sembrano sordi al grido di dolore che proviene da tante zone devastate. Con gesti repentini, la diplomazia, il dialogo e la comprensione reciproca vengono accantonati per dare nuovo slancio a conflitti sanguinosi e distruttivi. In un’epoca, come la nostra, che si gloria dei progressi conquistati, ogni giorno riceviamo aggiornamenti su esistenti conflitti armati o nuovi focolai di scontri bellici. Si appesantisce la nostra consapevolezza e in tante comunità si offusca l’ideale e la speranza di poter vivere in pace. Nessuna guerra, nella storia moderna, ha mai portato ad una soluzione duratura: ha solo generato ulteriori instabilità, risentimento e scontri armati.

La sfida è imparare ad ascoltare coloro che soffrono o hanno sofferto a causa delle  guerre. Sovente, nelle discussioni diplomatiche e politiche, si allude ripetutamente a questioni strategiche o ideologiche, dimenticando che al centro di ogni conflitto ci sono persone in carne ed ossa. Molti rifugiati oggi fuggono da guerre e portano con sé visioni di dolore, di sangue, di paura ed incubi laceranti. Ogni vita spezzata è una tragedia umana, in nessuna maniera giustificabile. E tanto meno sostenibile in nome di chissà quale causa.

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