Andrea Cantaluppi articoliArticoli

Potere temporale, spirituale e patrioti

Ogni volta che ascolto il concerto di fine anno trasmesso da Vienna, mi ritrovo sconcertato nel vedere il battimani ritmico che le persone fanno nell’ascoltare la marcia di Radetzky. Non sono solo gli austriaci a battere le mani, ma anche nostri nostalgici patrioti che ignorano, o fingono di aver dimenticato, che quel grande guerriero annientò le rivoluzionarie cinque giornate di Milano dove i cittadini dimostrarono con le armi, sulle barricate, di volere l’indipendenza e la libertà da quell’impero austro-ungarico oramai alle battute finali.

Su quelle barricate combatté anche la principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, imbracciando un fucile più grande e pesante di lei. La damnatio memoriae, ha cancellato il nome di questa donna che, fervente Mazziniana, una rivoluzionaria, lottò nella sua città, per la libertà. Avete mai trovato il suo nome nei libri di storia?

I rivoltosi vennero fatti impiccare, lei no perché era una principessa, e chissà se in quei momenti risuonava la “sua” marcia mentre assisteva tronfio alla sua vittoria.

La principessa esiliò in Francia e per poter andare avanti fece la sarta.

La ritroveremo  durante un’altra rivoluzione, e questa molto più consistente: La Repubblica Romana. La Costituzione della quale ha molto ispirato quella nostra attuale. La principessa rivoluzionaria non solo combatté al fianco del popolo romano, ma ebbe un’intuizione molto importante: creare un corpo volontario per assistere i feriti.

Il fervente sostenitore del potere temporale della Chiesa, Pio IX, colui che creò il dogma dell’infallibilità del papa, una volta ripresosi il trono, non si risparmiò nelle maledizioni per i rivoluzionari vivi e nella pietà cristiana per quelli defunti. Per questi ultimi molto si rincrebbe nel sapere i feriti costretti a rendere l’anima tra le braccia immonde di prostitute. Che altro potevano essere se non meretrici le infermiere della Repubblica? Di nuovo in esilio, la principessa che nella repubblica era stata direttrice generale delle ambulanze, scrisse una lettera al papa. Mi è sembrata di grande dignità e lucidità e vi invito a leggerla.

Santo Padre, lessi in un foglio francese parte di un’enciclica di V.S. ai Vescovi d’Italia in cui, dopo aver compianto le infelici vittime (…) aggiunge che quelle vittime furono costrette a spirare in braccio a prostitute. La introduzione delle donne negli ospedali romani, sendo stata opera mia (…) credo dover rispondere alle accuse della Santità Vostra. (…) non sosterrò che nella moltitudine delle donne dedicatesi nel maggio e nel giugno del 1849 all’assistenza dei feriti non una ve ne fosse di reprensibili costumi (…) io non disponevo della Polizia Sacerdotale, al fine di scrutare nei segreti delle famiglie, anzi dei cuori. Venni, il confesso, più di una volta avvertita, che l’una o l’altra delle inservienti degli ospedali era nota, per avere in altri tempi esercitato disonesto mestiere. (…) Le donne che mi erano state denunziate erano già da vari giorni (…) vigilanti ai letti dei feriti, non avevano rifuggito innanzi né la più ingente fatica, né alle viste e alle opere più ributtanti, né al pericolo, poiché gli ospedali erano segno alle bombe francesi, (forze ai vostri ordini). Nessuno potrebbe rinfacciare a queste donne una parola non che un atto meno che doveroso e verecondo. Forse le avrei ciò non ostante espulse se non adorassi i precetti di quel Dio, che, rivestito dell’umana spoglia, non ebbe a sdegno che una donna di perversi costumi gli ungesse i piedi e con le lunghe trecce li asciugasse.

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