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Il più e il meno nella vita.

Quando un essere umano nasce è come se partisse da zero. Magari ci avverte che sta male con il pianto. Poi, passerà a diversificare le sue espressioni e le sue conquiste aumenteranno con il sorriso, conquistando spazi inediti fino ad arrivare alla prima parola orale o scritta, a giocherellare. Sono iniziati gli anni della crescita. Le sue facoltà produrranno fiori e frutti in abbondanza. Non mancheranno le perdite, di solito mai superiori alle nuove aggiunte. Il ciclo dell’adolescenza, della gioventù e della maturità sono giorni caratterizzati dalla crescita ininterrotta.

Poi, con l’anzianità, prenderanno sempre più piede i tempi delle sottrazioni. Le sue facoltà accuseranno stanchezza, con l’udito e la memoria in curva discendente e le gambe che solleciteranno sempre di più la compagnia di un bastone. E tra i suoi amici non mancheranno coloro che sono deceduti, sempre più numerosi. Per l’anziano non sarebbe saggio accanirsi a trattenere ciò che si va perdendo. Non produrrebbe che nostalgia, rabbia intima e disperazione. Che fare allora?

Prima di tutto, rovistare nel proprio bagaglio di esperienze e risparmi accumulati e rendersi conto che ci sono sufficienti beni da utilizzare. Primo fra tutti, la fantasia: se non si possono più scalare le montagne come una volta, si può sempre lavorare con la propria immaginazione. L’ affievolimento del proprio udito può sviluppare una maggior attenzione al proprio io o, con maggior concentrazione mentale, rilanciare una socialità trascurata. E soprattutto, rimanere saldamente ancorati, in rapporto con le persone che ci hanno aiutato e voluto bene molto più di quanto siamo stati capaci di offrire loro.

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