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ALT: I N D I E T R O!

Non mi riferisco ai soliti stop ad opera di agenti stradali che alzano il loro cartellino per rallentare o fermare il flusso di auto o camion su strade dove, nelle vicinanze, il traffico è stato interrotto da incidenti, magari crolli di gallerie o di superfici laterali, specialmente in zone di montagna. Ho, invece, in mente i numerosi interventi da parte di diversi governi che mirano a rimanere liberi dalle “invasioni” di gente praticamente rimossa dalle numerose avversità che si sono abbattute sui loro territori di origine, non ultima quella del clima impazzito in seguito alle “intemperanze” di governi, ora preoccupati per la tenuta delle loro frontiere, anche se superdifese da fili spinati, muri e anche forze militari. Un ultimo caso: migliaia di Haitiani accampati lungo il confine messicano sono stati riportati ad Haiti (la metà dei 327 haitiani finora rimpatriati ha meno di 5 anni!), nel loro paese colpito da un terremoto devastante e, in seguito all’uccisione del loro Presidente, in preda all’insicurezza e corruzione endemiche.

Il ritornello ripetuto a dismisura che non si possono violare i confini sovrani di alcuna nazione al mondo ci riporta con il pensiero alle numerose prese di posizione, sottoscritti da diversi paesi del continente europeo ed americano sui diritti umani da salvaguardare, sempre e in ogni caso. La convenzione sullo stato di rifugiati (1951) è il documento fondamentale a tale riguardo, ma non l’unico. Firmata da 144 stati contraenti, definisce il “rifugiato” e si sofferma tanto sui diritti dei migranti forzati quando sugli obblighi legali di protezione da parte degli stati. L’ ultimo caso è appunto avvenuto con un folto numero di Haitiani, accampati a Del Rio, una cittadina del Texas al confine del Messico. Erano vissuti per diversi mesi in Cile e in Brasile prima di tentare l’ estenuante e lunga corsa verso gli USA.

Tali situazioni non sono rare altrove: nel Belarus, dove gli emigranti iracheni e afghani si sono scontrati con l’inflessibilità di vari governi (Polonia, Latvia e Lituania); in Cile, dove un accampamento pieno di emigranti venezuelani, in fuga dal regime di Nicolas Maduro, è stato assalito dalla rabbia degli abitanti di Iquique, una cittadina vicino al confine con il Perù. Il caso degli 800.000 Rohingya in Birmania è ben noto.

Quell’ “alt-indietro” non è pronunciato solo da carabinieri o addetti al buon funzionamento del traffico sulle nostre strade. Sta diventando un silenzioso ritornello a scapito di un traffico umano (sfollati), che il mondo delle nazioni sviluppate dicono e ripetono di voler assistere. Forse a una condizione non dichiarata a parole, ma rivelata da fatti concreti: a patto, cioè, che se ne stiano a casa loro!

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