Andrea Cantaluppi racconti breviRacconti Brevi

VITA SOSPESA

Ci mancava soltanto l’ora legale per allungare i domiciliari. Almeno, pensò, anziché avanzare di una ora, avrebbero potuto avanzare di sei mesi e vedere come era andata a finire.
Si alzò più pigro e apatico che mai. Dopo essersi fatte le abluzioni e colazione con una bella fetta di torta casareccia frutto allegro delle mani di lei che si era accorta non fosse vero di essere negata per i dolci, ma che aveva iniziato a sperimentare una forma di base di pasticceria che si faceva gustare con piacere, stranito dall’inconsistenza delle vecchie abitudini di guardare l’orologio per verificare cosa dovesse fare, s’incamminò per il corridoio. Non aveva niente da fare se non inventarsi un nuovo se stesso. un nuovo modo di essere e di vivere. Niente di più facile! Chissà, pensò, se i grandi filosofi si fossero mai esercitati in questa “costretta” situazione per pensare all’uomo e al suo essere su questa terra. Chissà se gli stessi inventori delle varie religioni avevano pensato a questa vita terrena così mortificante, portata avanti per forza di cose e non certamente per scelta. A quale “Colui” che fosse in cielo o dentro qualche albero si potevano rivolgere preghiere, le più varie e magari le più scombinate per ottenere risposte ma più che mai “liberazione”.
Si meravigliò di se stesso che appena sveglio si era messo a filosofeggiare. Che fosse proprio questo il primo timido segnale di qualche cambiamento in corso? D’altro canto non furono gli stessi filosofi greci a dire che l’uomo iniziò a filosofeggiare nel momento in cui si era affrancato (tramite la schiavitù a loro sottoposta, ma questo lo ammisero soltanto secoli dopo) dal lavoro manuale e quindi avevano tutto il tempo per “pensare” le sorti dell’umanità? Da pensionato, e quindi da parte di uno che comunque, virus o non virus, aveva un mensile garantito, poteva permettersi il lusso di “pensare”. Ma perché pensare è un lusso o piuttosto una nostra facoltà che abbiamo messo nell’oblio visto che abbiamo delegato al grande fratello di farlo al nostro posto? Così, camminando lungo il corridoio immaginandosi sulla pista in tartan che circonda gli stadi per gli olimpionici atleti, passò per l’ennesima volta davanti ad un uscio sulla funzionalità del quale non si era mai seriamente trattenuto. Entrò curioso e vide attorno alle pareti dei mobili originali. Alcuni addirittura erano fatti di metallo anche se verniciati. Altri avevano un aspetto minaccioso e non lasciavano trasparire la loro funzionalità. Con cautela ne aprì uno. Sul fianco aveva un grosso maniglione, lo tirò e subito si accese una luce all’interno di quel mobile. Apparvero bottiglie che contenevano vari liquidi. Dal bianco intenso, al rosso bruno. Agrumi in un cassetto e barattolini vari messi in modo casuale. Ne usciva un po’ di freddo e quindi, non ancora del tutto cosciente di se, richiuse subito. Non è che facesse così caldo e quel frescolino lo disturbò. Si guardò ancora in giro e vide una scatola anche questa metallica con un vetro sul portello anteriore. L’aprì e da qui non usci alcun freddo. Sul piatto aveva una specie di anello di vetro. Certamente doveva girare, ma per quale ragione? Per fare che cosa? Lo avrebbe chiesto poi. Passò poi ad un altro strumento un poco più grande del precedente. Anche questo aveva un grande vetro sul davanti. Lo aprì e una piccola lucina si accese. Potè così vedere dei ripiani in metallo e due griglie fatte d’acciaio. Un altro antro buio. Addossato ad una parete c’era un tavolo con delle sedie. Simpatico e un po’ rustico che ricordava le vecchie osterie del suo paese dove gli uomini tornati dal lavoro, andavano ad annaffiare le gole riarse dal sole e piene di quella polvere che sei costretto a mandare giù se vuoi che a fine settimana il padrone ti dia qualche moneta con la quale portavi il necessario alla famiglia.
Nel volgere lo sguardo intorno a quell’antro, non incontrò quello fulminante della sibilla, né romana né cumana, ma osservò uno strumento che poteva essere stato inventato dai quei pii uomini dell’inquisizione per torturare coloro che non ammettevano di essere peccatori sia di idee non confessabili, come l’anarchia o il credo ad un’altra divinità, ma più che altro di assenze di parole stante la loro ignoranza sui concetti del Divino.
Si avvicinò con cautela. Non conosceva lo strumento. Poteva essere pericoloso? Girò una manopola nera un poco consunta dall’uso e inavvertitamente posò la mano su di un piccolo tasto dopo di che si prigionarono pericolose e improvvise scintille come dal picchiare con il martello sull’incudine da parte di Vulcano e ancor più spaventosa, si accese una fiamma sibilante come una vipera appena svegliata dal suo sonno. Girò subito indietro la manopola nera e uscì spaventato da quella pericolosa stanza proprio nel momento in cui lei gli chiese:” Come mai stai in cucina?”. Ecco aveva scoperto l’uso di quell’ ignota stanza.
Uscì sul balcone e rivolse lo sguardo sul vicino penitenziario e si domandò se anche ai carcerati stavano dando l’ora d’aria in contemporanea alla sua. La loro condizione era un poco più vicina a quella che tutti stavano vivendo. Fatte le dovute proporzioni, inimmaginabili da parte di chi non aveva mai sofferto quello stato di costrizione, ci si poteva fare domande sul senso di vivere in quell’angusto spazio magari condiviso con chi era da temere ma dal quale non si poteva sfuggire. Forse qualche ergastolano avrebbe potuto consigliare come passare la giornata, ma lo stesso pensiero di chiedere a loro cosa fare gli dette un fastidio tremendo. Si sentì stupido e superficiale.
Guardò i vasi dei fiori. Si stava avvicinando la primavera e bisognava mettere mano a quei vasi. Pensò a cosa piantare, in quale vivaio andare a prendere le pianticelle, ma si fermò ricordandosi con amarezza che tutto era bloccato. Il tempo passava in una maniera diversa da prima, sconosciuta e faceva saltare tutte le consolidate abitudini. Così ad ondate gli arrivava addosso un senso di straniamento.
Lo stesso che lo assaliva con l’assordante, inusuale, inatteso silenzio mentre vagava con lo sguardo sulle strade deserte. Non avere più nelle orecchie quel rumore di fondo prodotto dall’inesauribile via vai di auto camion e ambulanze lo faceva sentire fuori luogo, in un altro spazio-tempo insolito, sempre desiderato per il riposo delle orecchie, ma mai così soffertamente immaginato. Ascoltare adesso il suono di un’ambulanza creava un senso di angoscia maggiore di quello che si ascoltava nel tempo passato.
Aver sentito l’ululato della sirena mentre il papa pregava per il mondo davanti ad una piazza San Pietro drammaticamente vuota fu un segnale d’inaudito. Tutto ciò accadeva in mondo visione per la prima volta.
Rientrò infastidito. Condizione oramai costante per tutta la giornata.
Tramite il computer dette uno sguardo ai giornali. Le cifre sconfortanti che venivano date dai responsabili della Protezione Civile confermavano la validità delle severe misure prese dal governo e ti dovevi armare ancora di più di pazienza (dote mai avuta) per sopportare un tempo che non indicava date certe per un ritorno alla normalità.
Andò a cercare un libro tra quelli ordinati per posta e si complimentò con se stesso per aver fatto quella ordinazione prima che il blocco chiudesse anche l’invio di altri libri tramite quel canale. Per leggere non c’era altro modo stante la chiusura delle librerie, l’offerta delle edicole non faceva per lui. L’unica offerta accettabile erano le parole crociate.
Intanto la data astrale segnalava che mancavano poche ore alla prima scadenza che era stata fissata dopo la prima emergenza. In mancanza di punti riferimento come le date dei giorni, le ore quotidiane fissate per il lavoro, le faccende di casa, (così venivano chiamate una volta), si puntava a guardare avanti. La domanda era una sola: quando finirà la quarantena? Quando si potranno riprendere le normali attività? La scuola come finirà i propri esami? E via domandandosi senza potersi dare una risposta. Una data su tutte si imponeva: la Pasqua. Si sarebbe potuta festeggiare? A pasquetta si sarebbe potuto andare a fare la scampagnata? Però i problemi veri erano altri: ci sarebbero stati licenziamenti? L’economia si sarebbe ripresa e in quanto tempo? A lui che pensava sempre per prima cosa a chi non può difendersi neanche davanti ad un attacco di una mosca, venne in mente una contrapposizione nata in quei giorni. Si imponeva di stare tutti a casa, ma a quelli che una casa non avevano chi dava assistenza? Loro per primi avrebbero voluto rispettare quel nuovo precetto, ma una casa dove andare non l’avevano. Tra l’altro, vivendo randagi erano i più pericolosi per la diffusione del morbo stesso. Dicasi così anche per i ROM. Chi li controllava sanitariamente ? Loro che certamente non vivevano normalmente in situazioni igieniche ideali? I migranti poi, che fine avevano fatto? Non se ne vedevano più in giro. In quale malsano buco erano finiti?
La bufera sulla mancanza di mascherine avanzava furiosa. Non c’erano ne per i malati ne per il personale medico infermieristico. Occorreva e con urgenza intervenire. Le opposizioni, quelle che avevano preso valanghe di voti dagli evasori fiscali, dicevano che il governo doveva intervenire per sostenere sia le famiglie che le imprese. Giusto, ma non si ponevano affatto la domanda dove il governo avesse potuto prendere i soldi. Prima aveva disprezzato coloro che pagavano le tasse considerandoli dei fessacchiotti, poi pretendeva di essere curati al pari di chi aveva pagato per avere il nostro sistema sanitario, quindi anche per i furbetti dei vari quartierini italiani. Giocavano al più uno, e in special modo l’ex ministro alla cattiveria che aveva pienamente dimostrato di non saper governare, e adesso dava piena conferma della sua grassa insipienza non sapendo fare nemmeno l’opposizione e dimostrare senso di responsabilità davanti ad una crisi mondiale. Un pomeriggio pensò bene di essere uno splendido ed informato statista andando in una trasmissione televisiva condotta da una delle tante beneficiate dal sovranismo ed insieme a questa si era messo a recitare il rosario! Si era sostituito al prete così come ai tempi che governava si era sostituito agli altri ministri. A tanto porta la spudorata demagogia. Pur di prendere voti si esercita qualsiasi attività, anche quella clericale. Ma il nostro si domandava: Ma la Conferenza Episcopale italiana non ha nulla da dire su questo uso improprio degli strumenti che dovrebbero essere a loro esclusivo utilizzo?
Riaffacciandosi per l’ennesima volta alla finestra, notò che era passata di moda l’uniformità informatica che chiamava ad una determinata ora di suonare dai balconi. La prima volta era stata bella, emozionante, coinvolgente. Tutti affacciati a battere le mani come ringraziamento e sostegno a quel personale sanitario che si batteva in difesa dei malati e che moriva contro un nemico sconosciuto. Poi, sempre diffondendo il segnale di richiamo, qualcuno decise cosa si dovesse suonare il giorno successivo, e così per altri giorni. Bandiere tricolori furono legate ai balconi e si sentirono le classiche trombette che incitano gli atleti sul campo. Moda finita in fretta. Si disse che la paura e la rabbia iniziavano a diventare incontenibili. Il nostro rifletteva che la vera posta in gioco non era la sicurezza, ma la salvezza.
Lo sport più seguito in quei giorni era la cucina, le sue ricette, e gli assaggi che non finivano più. Tutti stavano ingrassando. La farina non si trovava più come diceva sua madre che aveva vissuto l’ultima guerra mondiale. I social inondavano di ricette, i cuochi erano diventati i guru di riferimento e avevano soppiantato altri inutili volti, gli epidemiologi erano come le nuove sibille, più ascoltati dei preti durante le stanche omelie. Una cosa positiva c’era in questo nuovo ordine di disciplina ordinaria: tutti e casa, e così ogni volta che scendeva a gettare l’immondizia, trovava sempre l’ascensore libero.
Si va bene, si disse, ma a che serve stare a rimuginare su queste cose? Tristezza e mestizia erano più dense di un nebbione improvviso. Non si capiva nulla, non si vedeva nulla, si era gravati da un senso di impotenza pestifero come il virus.
Andò alla sua poltrona che, nel frattempo, si stava un po’ abbassando a forza di sostenere con continuità il suo peso, e si prese il libro che in quel momento lo stava aiutando a volare fuori dalla realtà per poter poi tornare a quella più terrena ma con un momento di respiro più ampio che non fosse quello affannato e pompato dai necrologi che in ogni istante venivano diffusi con ogni mezzo. Ultimo più perverso dei quali si divertiva a far circolare notizie false e pericolose. Ecco come veniva usata in modo pessimo l’informatica, che avrebbe dovuto aiutare le persone nei loro lavori e nei loro pensieri.
Prima dell’ora di cena si concesse un sortita nel giardino condominiale con la scusa che doveva portare il gatto a fare qualche sgambata delle sue. Lo vide nel suo elemento naturale, correva e faceva agguati a nemici inesistenti. Per lui nulla era cambiato. Vai, gioca con tutta la tua felinità e dimostrami in quale baratro siamo caduti, noi che abbiamo la presunzione di sottomettere il mondo alle nostre volontà, pensò, e tornò in casa per una succulenta cena che avrebbe smaltito verso le due di notte.
Domani è un altro giorno e l’osservatore in missione speciale, si dovrà adattare a questa nuova strana routine. Quel domani invocato ed auspicato non sarebbe stato più come lo aveva vissuto, avrebbe dovuto adattarsi ad una nuova normalità tutta da scoprire.
Sarà in grado di farlo?

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