Presidio sanitario
Invitato a un incontro in parrocchia, mi introduce il sacerdote che mi chiede argomenti per affrontare le paure pubbliche e private in circolazione.
Dovrei chiedere io a lui, perché chi possiede, o è posseduto da una fede, è meglio attrezzato in materia. Lo so dalle varie volte che la divinità dice ad Abramo: “Non temerai, io sono scudo a te” o altrove :”Non temerai poiché sono con te”. E Davide nel salmo 56 canta :”In Elohìm ho creduto, non temerò, cosa mi potrà fare un essere di carne?”
La Scrittura sacra impone ai suoi di scrollarsi di dosso le paure.
Da non credente devo ricorrere a un’altra assistenza. So che un rimedio consiste nell’affrontare il momento del timore e mettere alla prova la tenuta della paura. Chi non reagisce alla pressione di un’ansia, si ammala e si comporta da infebbrato. Una paura collettiva è un malanno sociale.
Ci sono sfruttatori politici di questa tensione nervosa, aizzando pericoli più o meno ingigantiti, somministrando il tossico di un panico.
Fanno caricatura della realtà, aiutati da un’assuefazione alle fandonie. Producono una meteorologia suggestionata, dove non conta il grado segnato dal termometro, ma la percezione alterata del fenomeno.
Gli spacciatori di paure false indeboliscono le fibre del singolo e della comunità.
Invece il coraggio è prodigioso, cordiale, energetico. Comincia dal nominare le paure, togliendole dall’ombra che le protegge. Così da smascherate regrediscono.
Si sente un rumore sospetto in casa. Chi si lascia sopraffare dalla paura e s’infila sotto il letto, si rende vulnerabile e ridicolo. Chi si fa coraggio, va a controllare di che si tratta, verifica la causa del rumore, poi ci sorride sopra. Non solo si è tolto un pensiero, ma si è anche rafforzato.
Chi non verifica le proprie paure ne subisce gli effetti nocivi sul sistema nervoso, alterando il suo rapporto con la realtà. La tolleranza verso le proprie paure produce paranoia.
Sono cresciuto in un’epoca che si vergognava di ammettere una qualunque paura. Quest’epoca invece si affeziona ai propri timori e si compiace di sfogarli con il primo che capita, purché indifeso.
“Mamma li Turchi” aveva una ragione di allarme per le incursioni e le razzìe dei pirati saraceni.
Chi non distingue un pirata da un ospite, ha bisogno urgente di disintossicazione presso il più vicino presidio del coraggio.
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