Andrea Cantaluppi articoliArticoli

APOLIDE

Pochi giorni fa sono stato alla Casa degli Scalabriniani di via Casilina per aiutare a far comprendere agli studenti di tre classi di due licei frequentanti la quinta classe, il senso del “viaggio” che i migranti percorrono per arrivare, rischiando la morte, fino alle sponde europee.

Si bendano i ragazzi, li si avverte di non lasciare mai la corda del percorso che è la cosa che li tiene legati alla vita, e poi vanno incontro a difficoltà di ogni tipo. Tra risate, sussulti, grida, spaventi e capocciate agli alberi, gli studenti arrivano al punto più delicato per il futuro stesso del loro viaggio: incontrano la frontiera, l’autorità assoluta che decide del tuo futuro.

Qui mi sono accomodato insieme a tre migranti che quell’esperienza l’hanno vissuta, e abbiamo chiesto, con voce dura e in lingue ai ragazzi sconosciute, chi fossero, perché venissero proprio qui, che lavoro facessero, dove volevano andare, etc.

Poi abbiamo chiesto loro di riempire un modulo vero che le Questure d’Italia chiedono di riempire ai migranti per il loro riconoscimento.

Qui sono rimasto esterrefatto, sbigottito e molto preoccupato nel sentire risposte che mi hanno gelato. Alla domanda se fosse un apolide, nessuno ha saputo rispondere. Alla domanda a quale etnia appartenesse, idem. Il culmine è stato toccato davanti alle domande: Paternità, Maternità? Con sguardi da app. vuota sorridevano per farsi spiegare il significato.

È vero che non sono un tipo tranquillo e che mai potrei fare il diplomatico tra due paesi in conflitto, ma a tutto c’è un limite. Avevo di fronte la futura classe dirigente del mio paese. Questi hanno il diritto di voto. Hanno già la macchinina comprata da papino!

Mi sono dovuto allontanare per sbollire il mio malumore e farmi una domanda: è tutta colpa degli studenti se non sanno cose basilare della vita? Cosa insegnano gli insegnanti? Poi sono tornato al mio posto e il migrante, giovanissimo, che mi stava vicino, se prima rideva all’incompetenza di quei ragazzi, adesso mi domandava, abbassando lo sguardo, come mai la nostra Questura chiede a loro queste cose, tra l’altro in una lingua che non conoscono, e sono in grado di rispondere in qualche modo e questi ragazzi no?! Gli ho risposto che se voleva poteva anche sorridere, ma è questo il paese a cui è approdato per cercarsi un futuro.

Ho cercato sui 10 libri della Treccani il significato di apolide, risultato? Non c’è la definizione!!!

Sulla Grolier ho trovato questo: Apolidia. In diritto internazionale generale l’apolidia è lo stato personale di chi sia privo di una qualsiasi cittadinanza o per averla perduta (per rinuncia, per motivi politici) o per non averla naturalmente acquisita per nascita, in quanto figlio di padre apolide (ius sanguinis). Dal punto di vista del diritto internazionale, gli apolidi non godono della protezione di alcuno Stato, ma sono oggetto del concorrente uguale potere di tutti gli Stati. La Convenzione di New York del 1954 sulla condizione degli apolidi ha tentato di stabilire per gli Stati un certo standard di trattamento per i soggetti privi di cittadinanza. Il diritto civile italiano stabilisce che, se una persona non ha cittadinanza, si applica la legge del luogo dove risiede in tutti i casi nei quali dovrebbe applicarsi la legge nazionale.

 

Andrea Cantaluppi

 

 

Allego il testo integrale della prima pagina del formulario delle Questure.

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