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Tigri da casa. Leo: per gli intimi Naso Rosa.

di Andrea Cantaluppi

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Già alla sua prima visita dalla veterinaria dimostrò il suo caratterino d’indomito combattente per tutte le cause di libertà felina nel mondo, (e per il pollo e tacchino, i suoi piatti preferiti).

Lo avevamo portato alla sua prima visita insieme alla mamma gatta e a tutti i fratelli.

Fu l’ultimo a essere stato visitato e lasciò subito il suo biglietto da visita agli umani.

La veterinaria lo prese nella sua mano e lui di non più di un mese, non copriva che la metà di questa invadente superficie ditamunita.

Lei gli faceva il verso con miagolii, moine e carezzine mentre lo visitava alzandolo e rigirandolo, e lui per tutta risposta le soffiò tutta la sua rabbia.

Forse non gli era piaciuta l’imitazione micesca e lo aveva subito segnalato con le fauci soffianti ben in evidenza.

Lo stupore della dottoressa fu il primo di una lunga seria che ancora continua da parte dei bipedi.

Appena svezzato andò a farsi le ossa in campagna e qui dimostrò tutto il suo caratterino impossibile.

Era ospite in una villa con un bel terreno dove, fino a quel giorno, vivevano beati e tranquilli alcuni cani maremmani.

Buoni e tranquilli, non temevano nè bambini pestiferi, che li scambiavano per piccoli cavalli saltandoci sopra, nè altri cani un po turbolenti. Bastava la loro stazza notevole a mettere in chiaro le cose.

Ma, arrivò lui e nulla fu come prima!

Il suo passatempo preferito era quello di nascondersi dietro a cespugli, alberi, o angoli di muro per poi uscire fuori all’improvviso e come un fulmine assaltare le zampe posteriori di una maremmana, la sua preda preferita.

Sulle prime sembrò strano che un esserino così piccolo desse fastidio a dei cagnoni buoni e paciocconi si, ma che si sapevano far rispettare.

Con lui no. Non era possibile tenerlo a freno. Grida e urla della proprietaria dei cani non valsero nulla, lui imperterrito continuava a dare la caccia.

Non era grande neanche la metà del naso della maremmana, e lei, forse sospinta dall’istinto materno, non osava morderlo, e lui, irrispettoso quanto mai continuava a torturarla.

Dopo un mese si cerco una soluzione definitiva. Non si poteva andare avanti a vedere un batuffolo di peli assalire dei bei maremani, e fu così che…arrivò, in prestito, almeno così ci dissero, a casa nostra.

E’ la nostra attuale tigre, e mentre scrivo, devo stare attento alle parole che uso perché lui sta qui, affianco a me che scruta il progredire di queste formiche nere che appaiono all’improvviso sul bianco del foglio che è il mio narrare.

Sarà paziente ancora per poco tempo. Metterà la sua felpata zampa sullo schermo per bloccare il formicaio, poi deciderà che la sua biografia può attendere e si sdraierà sulla tastiera guardandomi con occhi dallo sguardo soffuso e vorrà la sua razione di coccole mattutine fatte a due mani.

Sul muso c’è impressa l’impronta del ladro. Solitamente va a rubare con la mascherina sul naso per non farsi riconoscere, poi quando torna “normale” e fa finta che non sia stato lui a combinare qualche guaio, non può cancellare il segno evidente che il colpevole è lui: gli rimane il segno dell’elastico che teneva la mascherina sui lati di quel muso “innocente”.

Ma lui, come tutti i colpevoli consapevoli di esserlo, negherà fino davanti all’evidenza.

La libertà, l’indipendenza, la totale autonomia da tutto e da tutti, non ha prezzo e va sempre difesa. (Però dopo mi fate un po di coccole?).

Quando  fa così riconferma l’essenza del perché mi piacciono i gatti.

Il contatto ravvicinato con “costoro” suscita emozioni incredibili e uniche. Tanto più è inavvicinabile, tanto più apprezzi il dono che ti fa venendoti a cercare.

Ti sale sulla pancia e inizia a fare il “pane” con un impegno degno del miglior massaggiatore al mondo. Ti gurda mentre ti massaggia come per capire se stai apprezzando questo duro lavoro. Quando si stanca si mette elegantemente seduto sul petto con le zampette anteriori unite e ti continua a coccolare con le morbide fusa.

Quando ti muovi per cambiare posizione, capisce che è ora di sloggiare e se ne va a cercare qualche tana, dove continuerà la sua ricerca filosofica del perché gli umani si pensano di essere i padroni del mondo.

È un bel rappresentante della sua specie e lo sa!

Raccoglie i complimenti che tutti gli fanno con susseguiosa accondiscendenza, insomma ti fa lo sdegnoso piacere di accettare i complimenti.

Elegante, affascinante, discreto si concede e non sempre, solo a me, suo nume tutelare, ma per brevi e imprevedibili periodi.

È un cacciatore nato. Basta un piccolo movimento sospetto, o l’ombra di un volo di qualche pennuto per fargli smettere subito le fusa ed ergersi impettito a verificare se tutto è in ordine.

Conosce solo l’attacco e non sa difendersi neanche davanti ad un umano. Fissa lo sguardo sulle mani e controlla meglio di un radar i movimenti, pronto a fare salti altissimi e fulminei.

Se poi nelle sue peregrinazioni del giardino di casa, o anche in quello degli altri (è o non è il dominus del territorio?) incontra altri gatti, da inizio ad un concerto di parolacce e di insulti gatteschi emessi con voce cavernosa che non ha fine se non quando l’intruso non decide che è meglio cambiare territorio. Se poi l’incontro è con un cane (ma solo quelli grandi chè quelli abbaiosi di piccola taglia nenche li considera) si inarca arrufando il pelo e, tutto storto e trasformato per incutere terrore, si lancia all’attaco. E ne ha di voglia il padrone del cane a tenerlo e allontanarlo, lui attacca e basta, quindi è meglio andarsene.

Indomito e impunito come i suoi antenati che assistevano beati alle gesta del Colosseo per poi riversarsi nella suburra e ripetere quei cruenti scontri ferini. Rimanendo però sempre elegante e pulito. Non tollera che abbia un solo pelo fuori posto e se pur in mezzo ad una lotta, si ferma per rimettersi in ordine e poi ripartire all’attacco.

Decoro, aspetto e forma sono le caratteristiche della sua specie. Non esistono gatti spelacchiati se non nelle favole, e anche se in debito con lo stomaco da molto tempo, mantengono quel loro modo di camminare dignitoso che altre specie, anche umane, dimenticano di conservare nei momenti di difficoltà.

Si immette in ogni luogo da conquistatore, alzando la testa e il petto, girando lo sguardo attorno e con le orecchie ben appuntite, per sondare il terreno e scagionare la presenza di eventuali nemici. Leo, ma in genere tutti i gatti, suscitano stupore, ammirazione, tenerezza, diffidenza.             

Non è difficile farsi ben volere da un gatto che, come sostiene qualche etologo, è l’unica creatura vivente capace di addomesticare l’uomo. Basta sapere e convincersi che è lui che unilateralmente stabilisce precise e autonome norme di convivenza con i “padroni”, in modo da poterne ricavare il massimo del benessere e del comfort.

Il gatto rappresenta la libertà perché non vuole essere preso nè rinchiuso.

Ama trascorrere gran parte delle sue giornate a dormire, concedendosi lunghe pause di “riflessione”.

Si cerca le “tane” di giornata più opportune al momento umorale. Lo si può trovare nei posti più impensati della casa.

Le cambia in base al clima stagionale.

Con il caldo equatoriale il bidet è un luogo ideale. Chissà come faranno i suoi amici francesi o inglesi che non hanno questo fresco strumento a disposizione.

Soddisfa la sua vocazione idraulica appoggiandosi con le zampette anteriori al bordo della tazza facendo apparire quelle sue puntute e pelose orecchie nel mezzo delle mie gambe mentre espleto una funzione urinaria. Tirato lo sciacquone e lui inizia a schiaffeggiare l’acqua che scende.

Poi sale sul bordo del lavandino, si accomoda seduto ad osservare le mie stranissime manovre che vedono la mia faccia riempirsi di schiuma bianca, poi quando inizio a sciacquarmi si fa sotto con quel naso rosa per cercare di afferrare quella schiuma che sparisce dentro un buco e lui a cercare di infilarci la zampetta.

E sono guai se si accorge che mi sono avvicinato alle piante sul balcone per cogliere i fiori. Sale tutto dritto sulla fioriera e mi caccia dal suo territorio dandomi dei colpetti senza tirare fuori le unghie.

Dentro casa invece ha eletto un quadrilatero di piante ben grandi come tana nella giungla. Lì nessuno mai è stato autorizzato ad entrarvi. È lui che con occhi furenti osserva chiunque passi inavvertitamente li vicino e se, facendo un grosso sbaglio, qualcuno si avvicina e sfiora le piante, eccolo sbucare fuori come un ossesso e attaccare il nemico invasore.

Le tane sono inviolabili, se il nemico ne scopre una, si abbandona per sempre. È una regola di altra strategia di sopravvivenza.

Curioso e impiccione come pochi, osserva e controlla dal balcone, con le orecchie ben dritte e gli occhi dardeggianti, cosa succede nel mondo di “fuori”.

Ci sono da tenere d’occhio quei pennuti scacazzanti che attaccano dall’alto e a sorpresa.

Ne ha voglia lui di insultarli con parolacce miagolate, loro volano, e lo spernacchiano, ma stessero bene attenti alle piste di atterraggio che nascondono insidie come quelle penne in terra lasciano capire.

Contro la cultura. Lui decide se posso leggere o scrivere, e quando si sente abbandonato si sdraia sul libro o sulla tastiera del computer guardandomi con aria di rimprovero. Sembra dire:”Allora! quando mi fai le coccole?”. Se continuo ad ignorarlo mi sale sulla pancia e si infila da sotto il libro alzandolo e facendo apparire per primo il naso rosa e poi quegli occhi finto-smielati che chiedono il permesso per farsi accarezzare.

Indovinate cosa deve fare a quel punto il consulente? Niente. Chiudo il libro e lui accende il motore delle fusa che sembra un trattore con l’asma, e devo smettere quando, soddisfatto per avermi disturbato nella lettura, e quindi riaffermate le gerarchie, se ne va a lavarsi da qualche parte.

Se volete sapere dove sono dentro casa cercate Leo.

È la mia ombra, e magari tutte le ombre fossero come quelle di un gatto.

In un gioco di specchi come quello tra me e loro, il fatto che la mia ombra umana riflessa sul pavimento diventi quella di un gatto, forse sta a dimostrare che quell’ombra non riflette la corporeità, ma il mio intimo desiderio di esternare la mia vera essenza.

Lui sta con me e non vorrebbe farmi partire mai e allora si infila dentro la valigia che mi porterà lontano.

Il riposo del guerriero che, mentre si lava stando seduto, va con i ricordi alla sua ultima battaglia.

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