Fiabe

Re porchetto

A un re, non si sa per magia o per disgrazia, nacque un figlio maiale, di pelle rosa e grugno tondo. Lo chiamavano re Porchetto, e lui rispondeva a tono, perché era ben educato e molto alla mano. Però ogni tanto faceva i capricci e suo padre si disperava.

Figlio mio, che ti manca? – gli chiedeva, facendogli il solletico dietro l’orecchio. – Mi manca la sposa, mi manca la sposa! – grugniva lui tutto arrabbiato. Ma una ragazza che volesse sposarsi con un maiale, anche se era figlio di re, non si trovava. Dai e dai, alla fine convinsero il fornaio a mandare a corte la sua figlia maggiore: e pur di vederla regina, lui disse di si. Così re Porchetto si fidanzò e subito si fecero le nozze. Il giorno del matrimonio, però, si presentò in chiesa sporco di fango e di altre cose che non si dicono e inzaccherò il velo della sposina. Allora lei gli diede un calcio dicendo:

Torna nel porcile, che quello è il tuo posto! -. Questa me la paghi! – grugnì re Porchetto, e infatti al mattino dopo la sposa era bell’e morta, stesa nel letto con il velo in testa e l’anello al dito. Re Porchetto riprese a fare i capricci e faceva dannare re e cortigiani. – Mi manca la sposa, mi manca la sposa! – grugniva di notte e di giorno. e dai e dai, convinsero il fornaio a mandare a corte la seconda figlia: se la prima era finita male, forse l’altra avrebbe avuto più fortuna. Ma le cose andarono proprio nello stesso modo: re Porchetto mise le zampe sudicie sullo strascico della sposa e strofinò il grugno sporco sulla gonna. – Torna nel porcile, che quello è il tuo posto! – disse lei dandogli un calcio. E il giorno dopo la trovarono morta tale e quale alla sorella.

Re Porchetto non si calmava e continuava a chiedere la sposa mattina e sera. Così anche la terza figlia del fornaio venne a corte: e siccome era bella e gentile, tutti la compativano, convinti che neanche lei l’avrebbe scampata. Ma quando re Porchetto, più sporco che mai, venne a strofinarsi alle sue gonne, lei gli fece il solletico e gli pulì il muso con la manica, poi lo baciò sul naso senza schifarsi. La mattina dopo, eccola lì tutta allegra e soddisfatta, e anche re Porchetto era contento: si vede che aveva trovato la moglie giusta. La sposa però sì era messa in mente che suo marito non fosse quel che sembrava, perché di notte, nel letto, odore di maiale non ce n’era, e a toccare re Porchetto si sentiva pelle liscia e non grugno e setole. Una notte, perciò, accese una candelina per poterlo guardare. E cosa vide? Vicino a lei dormiva un giovanotto, ma così bello, ma così bello che neanche dipinto.

Mentre faceva luce, però, una goccia di cera cadde sul braccio del principe, che si svegliò e subito saltò su gridando: – Che hai fatto! Adesso ti toccherà cercarmi finché non avrai consumato sette paia di scarpe di ferro, sette mantelli di ferro e sette cappelli di ferro. E riempito sette fiaschi di lacrime, versate goccia a goccia! 

Poi sparì e non se ne seppe più nulla.

La sposa pianse e si disperò, poi si fece fare scarpe, mantelli e cappelli di ferro e si mise in cammino, piangendo una lacrima ad ogni passo. Cammina cammina, una notte arrivò in cima a un monte dove c’era una casetta. Bussò per chiedere pane e letto, e le venne ad aprire una vecchina alta mezzo palmo. – Figlia mia – le disse . in questa casa non entra nessuno mai, perché ci abita il Vento di mezzanotte, e quando torna, guai se trova carne cristiana sotto il suo tetto! Ma lei piangeva e si raccomandava, e alla fine la vecchia, impietosita, la fece entrare. Ed ecco arrivare il Vento di mezzanotte, con il suo gran naso che fiuta tutto intorno! – Snif, snaf, snuf! C’è qualcuno qui! -. E la vecchia: – E’ solo un’impressione, lavati le mani che metto in tavola!

Così lui mangiò e se ne andò a letto. Al mattino presto la vecchina chiamò la ragazza e la mandò via: – Svelta, prima che si svegli! E per ricordo mio prendi questa castagna: ma bada di aprirla solo quando ne avrai davvero bisogno!

Cammina cammina, la povera fanciulla si trovò in cima ad un altro monte, proprio mentre cadeva la sera. E siccome là c’era una casetta, bussò per chiedere ospitalità. Venne ad aprire una vecchina alta un palmo, che disse: – Figlia mia, fuggi da questa casa. Qui ci abita la Saetta, e se ti trova ti arrostisce! -. Ma lei piangeva e si raccomandava, e ala fine la vecchia la fece accomodare e la nascose. Ma ecco che arriva la Saetta: 

Zup, zip, zap! C’è qualcuno qui! – Non dire stupidaggini, – gli rispose la vecchia – Togliti gli stivali piuttosto, che metto in tavola. La Saetta mangiò e se ne andò a letto. Al mattino presto la vecchia svegliò la ragazza e la mandò via: – Svelta, prima che si svegli! Eccoti una noce: te la regalo, ma tu aprila solo se ne avrai bisogno!

Cammina cammina, in piena notte la ragazza si trovò di nuovo su un’alta montagna. Anche là c’era una casetta, e le cose andarono proprio come le altre volte, solo che stavolta il padrone di casa era il Tuono. La ragazza, per fortuna, la scampò ed ebbe in dono una nocciola. Ormai di strada ne aveva fatta parecchia, e scarpe, mantelli e cappelli erano bell’e consumati. Quanto ai fiaschi, un’altra lacrima li avrebbe fatti traboccare. Intanto si era avvicinata a una città piena di bandiere, dove si faceva festa nelle strade. Le spiegarono che la figlia del conte stava per sposarsi con un principe forestiero, e lei, non si sa perché, si mise in testa che doveva essere re Porchetto ma entrare nel castello del conte non era facile, e pensa pensa, alla fine decise di aprire una Castagna. Dentro c’erano gioielli come non ne aveva neppure la moglie dell’imperatore, e la ragazza andò a venderli sotto le finestre del castello. La figlia del conte, come li vide, subito li volle comprare. La ragazza le disse che glieli dava per nulla, se lei la faceva dormire per una notte nella stanza del principe. – Va bene, ci sto – disse la figlia del conte, e si prese i gioielli.  Al fidanzato diede il sonnifero, e lui dormì tutta la notte. La ragazza, quando lo vide, lo riconobbe subito: era proprio re Porchetto, bello come non mai. Perciò lei si mise a chiamarlo piangendo: – le scarpe le ho consumate, i mantelli e i cappelli son diventati ragnatele, i sette fiaschi sono pieni, marito mio: adesso svegliati e dimmi che mi hai perdonato! – Ma re Porchetto non si svegliava.

Il giorno dopo lei ruppe la noce, e ne vennero fuori vestiti e gonnelle tutti pizzi e fiocchi, roba fina, roba da regina! La figlia del conte li voleva a tutti i costi, e la ragazza chiese in cambio, di poter dormire per una notte nella stanza del principe. Ma anche questa volta, imbottito di sonnifero, re Porchetto non si svegliò. Allora la ragazza ruppe anche la nocciola, ed ecco apparire carrozze d’oro e cavalli con briglie d’oro, guidati da un cocchiere in livrea. – Li voglio, li voglio! – disse la figlia del conte e la ragazza glieli diede alle stesse condizioni. Quella sera, però il principe fece solo finta di bere il sonnifero. La ragazza riuscì finalmente a svegliarlo, e il principe l’abbracciò: in fondo era sempre la sua cara sposa, e si meritava un po’ di riguardo per aver tanto penato. Poi si ripresero gioielli, vestiti, carrozze e cavalli, e con tutto quel ben di Dio tornarono a fare la bella vita al loro paese.

E per chi l’ha sentita

La storia è già finita;

per chi non stava ad ascoltare

posso anche ricominciare.

(fiaba popolare piemontese )

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