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Passeggiata con Amos Oz

Lungo le mura esterne di Gerusalemme

dove prima del ’67 passava il confine

e le armi da fuoco cercavano corpi da abbattere,

andiamo e mi accenna le pietre che pesano piombo.

È un limpido mattino di febbraio, non si parla di sangue, invece di acqua.

Racconto il pozzo scavato sul mio campo,

la felicità del primo getto sparso sul terreno, acqua divisa tra gli alberi e l’uso di casa,

poca, dosata e rea, non fare che si sciupi.

Lui ricorda quella per lavarsi i denti, dopo l’uso raccolta dentro un secchio,

serviva per pulire il pavimento

e poi strizzata dallo strofinaccio

si versava sul solco piantato a cipolle.

E così ci fermiamo per fare un sorriso.

Siamo due persone che hanno tenuto da conto le gocce.

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