ArticoliTony Paganoni articoli

ILLUSIONI IN CRESCITA.

Si ripetono di frequente i richiami, le numerose espressioni di speranza che la pace possa essere raggiunta e consolidata, anche se in questo momento particolare colui (Papa Francesco) che sembrava quasi avere in mano un megafono per richiamare l’opinione pubblica e soprattutto le classi dirigenti a un “cessate il fuoco”, “deponete le armi”, si trova di fronte alla sfida di uno sperato recupero, in seguito ad un intervento avvenuto al Gemelli di Roma.

Desidero esprimere un sentimento personale di fronte al numero non certo esiguo di conflitti a livello internazionale. Si continua ad invocare la pace, un valore così necessario per godere una convivenza umana degna del nome. E, d’altra parte non si può evadere o minimizzare il fatto che in molte nazioni, con in testa l’ Europa, la spesa militare, secondo l’istituto SIPRI di Stoccolma, assorbe cifre sempre più ingenti. Perché, mi domando, le comunità nazionali del mondo in cui viviamo, hanno la dannata inclinazione di voler desiderare la pace, producendo e accumulando ordigni di morte in quantità enormi? 

Di fronte ai numerosi scontri armati in atto o prevedibili, come si può non condividere il pessimismo di tante persone, di tanti giovani e ragazzi che temono di rimanere coinvolti di persona o, peggio ancora, di venire chiamati sotto le armi, con la possibilità, temuta ma reale, di doversi difendere da armi micidiali. Oltre a coloro che sono direttamente e personalmente coinvolti in scontri armati, esistono numerose persone di tutte le età che sono in ansia e temono le guerre vicine o distanti. Finora si è giocato “fuori casa” per così dire, ma la partita non potrebbe arrivare anche “in casa nostra”?

Tony Paganoni, scalabriniano

Le guerra si configura ormai come il più redditizio business planetario, con ingenti costi  che non lasciano fuori alcuna regione del mondo. La spesa per gli armamenti vede, infatti, una straordinaria escalation per il nono anno consecutivo, raggiungendo il picco inedito di 2.443 miliardi di dollari, con la Nato che spende il 55% dell’importo complessivo. Cifre, queste, che rappresentano il 2,3% del PIL mondiale. Lo relaziona il rapporto dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (SIPRI), che sottolinea come dal 2009 gli investimenti militari siano aumentati in tutte e cinque le regioni geografiche mondiali, dove la spesa è monopolizzata dagli Usa e dalla Nato. A dare una sferzata all’incremento degli armamenti, sottolinea il rapporto, c’è stata certamente la guerra in Ucraina, che ha stravolto “radicalmente le prospettive degli Stati europei sulla sicurezza. Questo cambiamento nella percezione della minaccia – ha spiegato il report – si riflette nella destinazione di quote crescenti del Prodotto interno lordo alla spesa militare”. Dunque, punte significative per l’innalzamento dei costi bellici, si registrano anche in Europa, oltre che in Asia, Oceania e Medio Oriente. “Nessuna zona del mondo – aggiunge il documento – ha visto purtroppo miglioramenti”.

(33)

Loading