Fiabe

Nella melagrana, due granelli…

C’era una volta un uomo piissimo, che era, ogni giorno, puntuale per la recita delle sue cinque preghiere: quella dell’alba, del mezzogiorno, dell’asser, del maghreb, e della sera.

Ed era altrettanto rigoroso nella preparazione morale e spirituale di queste preghiere. E così ogni giorno era sua consuetudine di recarsi a fare le sue abluzioni in un ued situato non molto lontano dalla sua casa. Lì, egli abbandonava le sue babbucce vicino alla riva e avanzava a piedi scalzi sui ciottoli, tra i cespugli di alloro rosa, fino a giungere in un punto in cui l’acqua era chiara e pura, che lo metteva in armonia con il Creatore. Un giorno in cui egli si preparava in questo modo alla purificazione della preghiera del mezzogiorno, scorse nell’acqua, scintillante sotto il riverbero del sole, portata dal risucchio dell’onda da una pietra all’altra, una bellissima melagrana, senza dubbio caduta da un albero o abbandonata da un viaggiatore. Prese un ramicello di alloro, poi, orientò il frutto verso di lui e l’afferrò. Il caldo era torrido, ma la melagrana all’uscita dall’acqua era gelida. Con mano avida la spaccò in due e l’aprì. La polpa rossa e rosseggiante, era compatta come una cascata di rubini in una cassetta d’oro.

Egli sgranò una manciata di questi scarlatti granelli, ne assaggiò i primi due, poi d’un tratto si fermò, pensando che tutto sommato questa melagrana non gli era destinata. Solo per  caso l’acqua l’aveva messa sulla sua strada. Lui pensava che con il suo ramicello aveva commesso un dirottamento, un furto. Rimise dunque la polpa già sgranata all’interno del frutto, richiuse con cura l’involucro della melagrana e si mise a risalire lungo la riva del fiume per tentare di scoprire quale albero inclinato sull’acqua aveva potuto lasciarla cadere, e quale padrone aveva questo albero nel suo campo. Il nostro uomo camminò a lungo, spinto dal suo senso di colpa per lunghissimi giorni interrogando ogni albero, ogni melograno, tentando di scoprire nei ramicelli una traccia di ferita provocata dallo strappo della melagrana.

Il suo cuore portava con angoscia il peso intollerabile di questi due granelli che per avidità, golosità, arsura, aveva inghiottito. Nella sua immaginazione, i due granelli ballavano dentro lo stomaco una girandola allucinante. Alle persone che incontrava chiedeva se non ricordassero per caso di aver perduto una melagrana. Sedici anni trascorse così il nostro uomo, risalendo l’ued fino alla sua sorgente, camminando lungo le strade, tra i villaggi, senza altro pensiero che quello di ritrovare chi l’avesse smarrita, per chiedergli perdono e placare così la pena che gli gravava sul cuore.

Una sera, sfinito per la stanchezza e vedendo giungere la notte, volle chiedere ospitalità in una casa. Bussò alla porta. Un uomo dal volto grave venne ad aprire. Sua moglie, una donna di una certa età, era accovacciata vicino al suo canun, e si apprestava a preparare la cena.

“La pace sia con voi!”, disse l’uomo sfinito. “E sopra di te, ospite del Signore”, rispose la donna.

In un angolo oscuro della stanza, il viaggiatore intravide una forma femminile completamente velata, che rimase impassibile al suo ingresso. L’atmosfera era solenne. La donna apparecchiò il tavolo. Il nostro viaggiatore, sia per rompere il silenzio, sia per alleviare la sua coscienza e dare un senso al suo pentimento, si mise a chiedere ai suoi ospiti se per caso non ricordassero di avere, un giorno, smarrito una melagrana. Il volto della donna si illuminò. “Certo, disse, ho lasciato cadere una melagrana che ho molto rimpianto. Era il giorno stesso in cui ho messo al mondo la mia unica figlia, quella che vedete!”.

Ed ella mostrò, facendo segno con il dito, la forma velata, inerte, seduta in un angolo d’ombra della stanza. Lo straniero esclamò:” Dio sia lodato! Che mi perdoni e che mi perdoniate anche voi! Vi ho riportata questa melagrana che ho trovato in un ued”. Trasse dal suo cappuccio la melagrana raggrinzita, il cui involucro, simile ad un amuleto di cuoio tanato, aveva ancora una patina dorata. “Eccola!, disse, mancano solo due granelli che ho avuto la colpa di mangiare, colpa per la quale vado errando da sedici anni!”.

La madre molto emozionata, prese il frutto, l’aprì e si mise a mangiucchiare i suoi granelli. Non riuscendo a stare più nella pelle per la gioia, l’ospite del Signore esclamò:” Come farò a ringraziarvi per avermi tolto dal cuore un peso così gravoso? Posso avere l’onore di avere la mano di vostra figlia?”.

Il viso del padre e della madre si velarono. “Ahinoi! Nostra figlia, dissero accorati, è venuta al mondo come un semplice fagotto di carne: non ha bocca, né occhi, né orecchie. E per grazia dell’Altissimo, è cresciuta negli anni senza acquistare però l’altezza che avrebbe dovuto avere se fosse stata una bambina normale. Purtroppo è solo un pacco di carne”. Dicendo ciò, la donna andò a scoprire il volto dell’essere informe che era ricoperto dal suo haik. E macchinalmente lei continuava a sgranare e a mangiucchiare la sua melagrana. Ed ecco che – O Miracolo! – il viso della statua di carne si animò piano piano, le sue palpebre si aprirono su due iris dorati come granelli di melagrana matura, la sua bocca si disegnò in un sorriso, un soffio di vita passò su tutto il suo corpo.

E davanti agli occhi meravigliati del padre e della madre, la più bella creatura del mondo avanzava nobilmente verso colui il quale amore le era predestinato per l’eternità.

(fiaba del nord Africa)

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