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E adesso come glielo dico?

Ho un conoscente esterofilo, di quelli che si mettono la mano a megáfono intorno alla bocca e ti urlano:” ma tu lo sai che all’estero, per non dire in Germania, per strada non trovi una sigaretta per terra? Quella si che e’ civilta’. Funziona tutto. Treni, tram, autobús, aerei. Orari rigorosamente rispettati. Nessuno ruba. Tutti lavorano. Ognuno fa quello che deve con precisione e responsabilita’, i furbetti non esistono. Quando si dice della precisione e della puntualita’ e’ a quei paesi che ti viene di pensare. Altro che da noi che non ci si capisce nulla. Ma lascia perdere che e’ meglio”. Ma siamo noi che “facciamo” il nostro paese. A chi non piace che tutto funzioni? Siamo noi che buttiamo le sigarette in terra, che sporchiamo e poi ci lamentiamo che e’ sporco. “No, no, non c’e’ paragone tra noi che non abbiamo voglia di lavorare, che facciamo tutto alla carlona. Ma lascia stare, ma che ti frega, il mondo e’ sempre andato avanti cosi e sempre cosi andra’. Questo siamo noi, non cambieremo mai nulla.

Sono su un volo diretto a Monaco di Baviera, li prendero’ una coincidenza con un volo che mi portera’ a Citta’ del Messico e da qui ne prendero’ un altro per arrivare a Guadalajara. Il tragitto e’ tranquillo. Con un’ora e trenta saro’ a Monaco. Lasciata Roma, sorvolando i due grandi laghi dell’Italia centrale in modo trasversale verso il nord, si fa súbito nuvoloso. C’e’ poco da vedere fuori dall’oblo’ se non batuffoli di nuvole che, giocando con il vento, assumono varie conformazioni. Animali mitologici, caverne oscure, valli ovattate, fanno da tappeto al nostro passaggio. Sono seduto poco piu’ avanti dell’ala e vedo l’immenso vórtice aspirante che  inghiotte le mie immagini forzandolo dentro quel cratere dove la gola riarsa di Vulcano assapora quelle goccioline ghiacciate di nubi sospese. Da tanti anni che volo (1973) pur non conoscendo l’aerovia che stiamo percorrendo, avverto che qualcosa non va. Non sono le nuvole affatto minacciose, ma il bagliore del sole che prima era in coda, poi al nostro fianco e adesso e’ a dritta. Questo girotondo si ripete piu’ volte. Mah! Mi dico ed ecco che il pilota con voce non piu’ baldanzosa come al solare decollo da Roma, ma bisognosa di qualche mentina tanto per distinguersi da quella delle cornacchie, che tra dieci minuti atterreremo. Voi sapete che la fase di atterraggio inizia venti minuti prima e noi siamo in questo stato da piu’ di trenta. Inoltre i carrelli che vengono estratti ai dieci stanno saldamente all’interno. Forse il pilota e’ piu’ interessato a far vedere che tutto procede bene anziche’ a dirci altro che sia piu’ vicino alla realta’. Aspetto e torno a gurdare le nuvole, che altro fare? Dentro un nuvolone nero come i cattivi pensieri, mi torna in mente la frase che tutti i grandi scrittori di viaggi hanno ripetuto: “viaggiare consiste nel viaggio stesso”. Continuo a rimanere scettico su questo assunto e preferisco il sistema di trasferimento immediato utilizzato dall’stronave di Star Trek. A meno che per viaggio si intenda quello fatto con i carovanieri nel deserto, o a guado di fiumi infestati da coccodrilli, o alla scoperta di nuovi mondi e non dentro questo siluro volante che di umano non ha niente come mi disse il nobel Bovet mentre stavamo seduti fianco a fianco su un aéreo dell’Aeroflot che ci portava a Mosca. Poi. All’inprovviso si apre uno squarcio tra le nuvole e vedo un azzurro caraibico, un paesaggio come le illustrazioni di Gustavo Dore’, che mi entusiasma. Cielo azurro indaco con piccoli cirri bianchissimi che lo solcano dispettosi. Bello e indescrivibile e che contrasto repentino con il nuvolone nero di prima! Intanto i dieci minuti sono passati. Ma non dovevamo atterrare a Monaco? Guardo giu’ e vedo un fiume (Iser, Isar?), questo significa che ci siamo abbassati sotto il tetto nuvoloso. Campagna verde coltivata, piccoli boschetti, mucche che pascolano e poi… quel muro verticale marrone che ci corre contro. Cos’e’? e’ pioggia paurosamente compatta. Sembra di stare per andaré a sbattere contro un’onda anómala pur stando cosi’ lontani dal mare. Ecco che voce gracchiante vira velocemente con un angolo giro che solo gli aerei militare sanno fare. Mi ritrovo cosi al secondo piano mentre quello dell’oblo’ opposto e’ sceso in cantina. E vai con altri giri intorno al naso. Ma non aveva visto sul radar e in largo anticipo quella strana turbolenza? Finalmente ci siamo, si atterra. Appena toccato cornacchia nervosa effettua una brusca frenata e mi ritrovo a rimirare la forfora di quello che mi sta seduto avanti. Piove ma c’era da aspettarselo. Ci fanno strada non verso il terminal ma su un piazzale che e’ squallido come un’anonima periferia. Quindici minuti di ritardo su un volo di una ora e trenta non e’ il massimo della puntualità. Succede. Quasi tutti i passeggeri sono in transito. Un po preoccupati del ritardo si alzano velocemente per ritirare i bagagli a mano nelle cappelliere. Avanzando, Haidi la capo cabina, ci dice di stare calmi, di stare seduti, relax ripete in continuazione. Chiediamo perche’ non ci fanno scendere. Non sono arrivate le scale. Chiedo di sapere se avro’ problema con il transfer e Ingrid, la vice di Haidi prova a tranquillizzarmi, ma neanche lei ci crede. Chiedera’ ad Haidi di informarsi ufficialmente. Intanto sono arrivate le scale,mancano i bus! Tra scale e bus il ritardo sale a trenta minuti. L’autista non contento di essere arrivato in ritardo ci porta al terminal sbagliato. Sali e scendi dalle asettiche scale mobili e Sali sulla navetta per tornare dove gia’ stavi. Controlli di sicurezza vari e arrivo all’imbarco venticinque minuti prima di due ore che avevo calcolato nel prenotare i voli. Tranquilli, l’imbarco avviene in perfetto stile borbónico con una ora di ritardo e infine ci imbarchiamo per la prossima tratta. Prima di sedermi chiedo all’assistente di bordo che le cappelliere sono tutte occupate e non so dove mettere il bagaglio a mano. Mi risponde candidamente con novantasei denti bianchissimi che neanche lei lo sa. Mi arrangio come posso e per far passare il tempo mi metto a scrivere queste righe. Quanto tempo ci avro’ messo? Non lo so, provate a calcolarlo voi e scoprirete il numero esatto. Inutile arrabiarsi cosa posso fare con tutti questi ritardi e volgendo in positivo la negativita’ trovo la risposta per il mio conoscente esterofilo: che tutto il mondo sia un paese?). ( tanto per rimanere in tema).

Andrea Cantaluppi

…ma non finisce qui, segue alla prossima puntata.

 

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