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Il Professore

Autore: Giovanni Di Sarno

Il portone si aprì. Un uomo, con le maniche di camicia arrotolate sulle braccia villose, si tolse gli occhiali e, sorridendo, si spostò di lato per farci entrare.
Mio padre mi presentò al professore, studiavo per l’esame di stato e come seconda materia avevo scelto filosofia, così il docente aveva accettato di aiutarmi. Edoardo Malagoli insegnava al liceo classico e i suoi meriti nel mondo accademico, politico e giornalistico travalicavano i confini dell’isola. Il suo amore per Ischia era nato nel 1955 quando vi si trasferì, spinto dalla bellezza lussureggiante e dalle acque incontaminate che, in seguito, avrebbero fatto di lui un paladino per la salvaguardia del nostro territorio. Di tutto questo ero all’oscuro, era la prima volta che lo incontravo e mi diede un’ottima impressione. Una volta soli, come prima cosa, mi offrì una spremuta d’arancia mentre mi mostrava la sua casa. Pavimenti di cotto ornati da losanghe greche, ampie arcate che lasciavano passare fiotti di luce abbagliante. Il salone era arredato con mobilio di antiquariato, e intorno ripiani colmi di oggetti che sapevano di antico, come se venissero da un’altra epoca. Sul lato a ovest, un magnifico terrazzo dava lo sguardo sul mare foriano. Mi fece lasciare la borsa e i libri sullo scrittoio, e con aria allegra mi propose di seguirlo nel patio. All’esterno, nel centro dell’aia, un piccolo gozzo era in fase di costruzione. Era puntellato su un fianco e mostrava la chiglia con il pagliolo, il dritto di poppa e la ruota di prua erano abbozzati e spingevano in alto; la scena mi fece venire in mente la lisca del marlin nel “Vecchio e il mare”. Come se da sempre fossi stato il suo assistente, mi coinvolse immediatamente nelle operazioni. Nel garage c’era tutto il necessario: chiodi di rame, di bronzo, di alluminio, punzoni e martelletti, colla reagente, fasciame e assi di varia misura, morsetti a collo lungo, pialle, vernici e attrezzi di ogni tipo. Nelle settimane seguenti ci dedicammo esclusivamente all’opera viva e morta dell’imbarcazione, senza mai aprire il testo di filosofia. Confesso che ciò mi dava una certa apprensione, ma era troppo bello lavorare al fianco del professore.
Mancavano pochi giorni per l’esame, quel pomeriggio il maestro mi condusse alla sua scrivania e si sedette al mio fianco. Poi cominciò: Schopenhauer, Hegel, Marx, Kierkegaard, Kant, Descartes, Bacon. Mi parlava dei filosofi con semplicità, mi spiegava concetti e pensieri come cose che si incontrano tutti i giorni, mentre fai la spesa o giochi al pallone. Il presidente della commissione che mi esaminò prese la parola: “Mi dica giovanotto, cosa sa della Critica della ragion pura?”. La mia risposta durò venti minuti e meritò il plauso dei docenti che mai avrei pensato di ottenere.
L’ultima volta che vidi il professore fu anni dopo, al funerale di un amico comune. Edoardo Malagoli, sotto la pioggia, lesse commosso l’elogio funebre sulla tomba di Aldo Pagliacci, mentre il feretro veniva interrato nel cimitero di Forio.

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