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CRISI CLIMATICA E VIOLENZE OFFUSCATE.

Anche il minimo accenno al termine “crisi climatica” fa inevitabilmente scattare una serie di immagini non certo incoraggianti: incendi, inondazioni, tempeste e uragani che imperversano e si abbattono anche su zone rimaste illese, almeno finora. L’ultimo biennio si è particolarmente distinto per una accelerazione e un peggioramento della situazione climatica: pensiamo alla situazione attuale nel Sud Italia, ai 180 morti in Germania mesi or sono e all’innalzamento improvviso della temperatura in Siberia. Senz’altro più tragico a livello mondiale è il forzato spostamento di intere popolazioni che, secondo le Nazioni Unite, nel 2020 ha superato i 30 milioni, il triplo circa degli sfollati a causa di conflitti e violenze.

Oltre all’accentuarsi dei vari volti di una crisi climatica sul nostro pianeta, si sta combattendo una “guerra nascosta”, dove gli avvertimenti di vario genere sul pericolo che incombe sul clima vengono accolti rabbiosamente da alcuni settori dell’opinione pubblica e sfociano in azioni violente e non pochi morti. 

Vi sono due schieramenti che cercano di controllare l’opinione pubblica. Anzitutto, quello dei difensori degli equilibri ambientali, con la messa in atto di iniziative e tentativi di salvaguardare la “casa comune”, e, dall’altra parte, quello di coloro che propugnano la difesa dello status quo, fondato su una gestione diseguale e uno sfruttamento unilaterale delle risorse naturali.

Secondo i dati del “Global Witness”, 212 difensori dell’ambiente hanno perso la vita in 21 paesi durante il 2019. E John Knox, relatore speciale delle Nazioni Unite su Diritti umani e ambiente, aggiunge: “dal 2012 al 2018, per ogni ambientalista ucciso, ce ne sono stati almeno 50 molestati o arrestati illegalmente o denunciati per diffamazione”. Esiste una sorta di guerra segreta, combattuta in tutto il mondo, specialmente nell’emisfero Sud. Possiamo parlare di “nuovi martiri”?

Questa lotta, con spargimento di sangue, imprime, suo malgrado, una accelerazione al movimento globale per la salvaguardia del creato. Da enti nazionali e internazionali, da persone motivate (molti i giovani) ma anche da alcuni settori dell’attività produttiva viene, in vari modi, sottolineata la necessità improrogabile (non si può attendere ancora o fare marcia indietro!)  di un rallentamento adeguato del rilascio di anidride carbonica per non pasticciare ulteriormente madre natura.

Occorre una nuova consapevolezza che lasci alle spalle un’ottica limitata al proprio ambiente o ai confini nazionali o regionali. Non sono solo le cosiddette “migrazioni climatiche” che scavalcano barriere o confini: anche le correnti atmosferiche si dirigono dove vogliono e, molto spesso, mettono a soqquadro le previsioni più attendibili. E, non meno importante, tarpano le ali anche di quelle economie che hanno sì il volante del progresso economico-produttivo in mano, ma che, di fronte agli effetti avversi causati dal sistema industriale attuale, permangono nella loro cecità e sordità. Irresponsabilmente.

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