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Uniti nella lotta

di Claudio Treves

Io sono un ebreo romano, non praticante, e andrò al corteo dell’ANPI il 25 aprile, ma non mi permetterei mai di definire “non vero ebreo” chi scegliesse di fare altrimenti; altri, invece, usano il criterio del “non vero”, peraltro rivolto in passato anche a chi, definendosi “ebrei contro l’occupazione”, cercava di segnalare una posizione critica delle azioni del governo d’Israele, e lo faceva partendo dal proprio vissuto di ebrei. Oggi tocca all’ANPI essere insultata come “non” rappresentante dei “veri” partigiani.

Ebbene, sul 25 aprile a Roma si è concentrata una somma di ottusità che rendono quella data e quel corteo il luogo dei regolamenti dei conti tra singoli soggetti, anziché il ricordo e la celebrazione di quel grande movimento che fu la Resistenza, che seppe tenere insieme, nelle loro grandi diversità, soggetti, culture, persone profondamente divise sul futuro ma fermamente consapevoli che il presente chiedeva unità e lotta comune. Per questo non ha senso impedire la presenza delle bandiere della Brigata Ebraica.
Nel tempo, il 25 aprile è diventato, né poteva essere diversamente, l’occasione per ricollegare al ricordo della lotta di Liberazione la solidarietà con le lotte in corso nelle situazioni di oppressione e repressione: può far male a chi ad Israele vuole bene, come al sottoscritto, ma la condizione dei Territori occupati dal 1967 (cinquant’anni!!) è proprio quella. E allora, pretendere oggi l’assenza di bandiere palestinesi, o curde, è specularmente stupido ai fischi o agli spintoni verso le bandiere della Brigata Ebraica degli anni scorsi.
Per favore, rispettiamo il 25 aprile, e guardiamo ognuno alle contraddizioni del “proprio campo”, e smettiamo la ricerca del nemico o del capro espiatorio.

 

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