Piero Fortini racconti breviRacconti Brevi

Un amico

Sono le 3 del mattino nel groviglio di vicoli del centro storico antico, un vero e proprio labirinto per chi non conosce la città, come la giovane donna che in apnea corre all’impazzata, voltandosi continuamente, terrorizzata.

Un uomo la insegue concitato, apparendo e scomparendo dagli angoli delle viuzze come uno spettro.

Emette grida disperse dal vento e dalla caligine della notte. Protende una mano quasi a scongiurarla di qualcosa, lei che sempre più disperata aumenta la frequenza dei passi, però moltiplicando anche il suo affanno, un rantolo da condannata a morte.

Diventa tsunami l’onda di terrore che le premeva gli occhi quando all’improvviso si arresta all’ingresso di una grande piazza e intuisce d’essere perduta. Guarda come una volpe braccata in ogni dove e non vede alcun recesso in cui potersi celare. Ed è come se la sua intera vita fosse lì allo scoperto, alla vista di tutti, da finestre e portoni.

Allora con occhi di agnello si volta e, mentre sente i passi sempre più violenti e frequenti avvicinarsi, immagina già l’apparire mostruoso della ignota figura.

L’uomo compare e nell’istante in cui la vede, con le sue belle braccia d’avorio abbandonate lungo il corpo già in atto sacrificale, esclama:

“Eleonora!”.

“Carlo!”, risponde lei, con il suo ultimo fiato, “Oddio, sei tu”.

“E chi volevi che fosse?! Mi hai fatto sputare i polmoni !”.

Così dicendo fa un passo verso di lei, che a quel punto si scioglie in un gorgoglio isterico tra riso e pianto e gli si butta tra le braccia.

“Mio Dio, pensavo fosse un bruto che volesse aggredirmi.

Alle 3 della notte appaiono così spaventose le cose!”.

Un crampo spariglia le onde della bocca di lui mentre dice:

“Perché non eri in albergo a dormire? E’ là che ti ho cercato.”.

“Dopo cena abbiamo fatto la prima selezione di foto…ma tu perché sei qui?”

“Non ce la facevo più a stare senza di te.”.

Un corvo nero migra sul volto di lei, che si volta allontanandosi un poco.

“Non puoi fare così! Sono stata chiara con te fin dall’inizio. Faccio un lavoro che mi porta spesso lontano”.

“Lontano sì. Tre mesi in Marocco, un mese in Grecia. Poi Santo Domingo, poi Parigi, poi Praga, poi, poi, poi…in giro per mesi con uomini…”.

“ Cosa vuoi insinuare, eh? Vado in giro con uomini e donne, per lavoro!”.

“Non lo so se solo per lavoro! Non lo so che cosa succede là!”.

“Schh! Non gridare. Sapevi da sempre che le cose stavano così” dice lei alzando progressivamente la voce, “Non ci posso fare niente!” urla.

Lui avanza verso lei molto lentamente, in preda ad una arcaica stanchezza, come se trascinasse le fatiche di tutti i suoi antenati in una implorazione pietrificata:

“Neanche io posso farci niente!”.

Nel fondo della notte lei lo vede di fronte a sé con quelle sue braccia così larghe, quelle di un Cristo pantocratore che vuole in un solo istante abbracciare le sue creature, l’umanità intera. E come per miracolo vede brillare nella mano di lui una stella o un diamante grezzo, non sa, nel buio non distingue.

“Che bel regalo!” pensa. E avverte solo che quella luce improvvisa le perfora il costato, e si sente mancare. Ma lui immediato le afferra la vita, la sorregge e lentamente la distende a terra, con delicatezza. Chino su di lei, interdetto, singhiozza:

“Non potevo. Non potevo…”.

Lei sorride a se stessa, con un estremo stupore sgomento e lancia un ultimo sguardo a quel viso sconosciuto, pensando:

“Ma chi è quest’uomo che ha così pietà di me?”.

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