Domenico Ferro

Ciao Gianni Minà

Ricordo un numero di Latinoamerica , rivista diretta da Gianni, nel mio periodo universitario. Rimasi scioccato da un articolo che riportava come i traumi dei soldati statunitensi reduci dall’Iraq venissero rimossi con un farmaco che annientava la memoria: non una cura, ma un’accetta su giorni di vita. Di un fatto tanto grave – mi dicevo – dovrebbero parlarne tutti i media. Quell’articolo è parte della mia formazione, e insieme a un altro di cronaca quotidiana, costituì la base per alcune righe che scrissi all’inizio di quel 2008. Non avevo mai pensato che avrei potuto inviarle a Minà, e ringraziarlo per la sua arrabbiatura.

Mayday
Leggevo sul bus il giornale:
militari americani tornano
dalla guerra
e ammazzano ancora
non per la patria
o la … democrazia
ma per pazzia indottrinata da anni
di muta obbedienza al capo
e perpetua violenza sul nemico
A casa ammazzano ancora
pure soprattutto i parenti;
un reduce ventenne senza piede
ha scaraventato la figlia
di due anni
contro il muro:
s’era urinata addosso
come una qualsiasi infante
Un altro ha sventato un furto
revolverando
quel povero ladro d’auto
per fare ancora l’eroe
ma poi s’è sparato alla tempia
questo Cristo del Duemila
E il Pentagono accusa
il New York Times d’arbitrarietà.
La società del paradosso e bi-pensiero
caro George
Sbuffava il bus verso l’università
e gli occhi umidi forse trapelavano
l’angoscia dentro me
per queste vittime carnefici
per questa umanità lacerata
dall’odio del potere
A volte vorrei piangere
come un qualsiasi infante
All’ombra di una libertà statuaria
così fragile nella sua disuguaglianza
il “civile mondo occidentale”
s’imbarbarizza nelle malattie
da sé create e trasmesse.

Domenico Ferro, educatore e scrittore.

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