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Il diavolo alla corte

Il diavolo alla corte
Il diavolo alla corte

Un vecchio manoscritto carolingio racconta che un certo giorno il diavolo decise di stabilirsi nella corte di un re che si credeva un vero messia. Ai sudditi era richiesta non solo obbedienza ma, specialmente, devozione.
Come tutti sapete, etimologicamente il diavolo è l’antonimo del simbolo. Se questo unisce e aggrega, quello divide e confonde. Ed era proprio lo scopo del diavolo: seminare una grandissima confusione a corte.
Il re fu preso da perplessità e odio quando vide che le sue decisioni erano considerate delle burle. Ciò che diceva al mattino era smentito dai suoi ministri nel pomeriggio. Se prometteva di aumentare le tasse, i suoi accoliti si affrettavano a chiarire che era stato un equivoco. Se un ministro manifestava la sua intenzione di vendere parte dei possedimenti del regno ai baroni, subito Sua Maestà lo contraddiceva e riaffermava che certi beni strategici del regno non potevano essere ceduti.
Il diavolo, nella sua malvagia furbizia, diffuse una delle piaghe più efficaci: la confusione semantica. I significati delle parole si svuotarono o furono cambiati, al punto che una principessa confessò in pubblico di essere una persona “terribilmente religiosa”. Se avesse consultato uno dei vernacolisti del regno, come spiegò il saggio Michaelis, avrebbe saputo che l’avverbio deriva da “terribile, che causa o infonde terrore”. E il monaco carolingio che aveva trascritto l’importante manoscritto, fece questa chiosa che piacque anche al diavolo: “Una terribile religiosità non ha nulla a che fare con il buon Dio”.
La stessa nobile autorità decretò che, nel regno, le ragazze avrebbero dovuto vestirsi di rosa e i ragazzi di blu. Il diavolo si sfregò le mani soddisfatto.
I daltonici per paura di sbagliare, preferirono andare nudi per strada, provocando un’ondata di scandali. Coloro che erano nati ragazza, e tuttavia sapevano di essere un ragazzo, si vestirono di rosa, mentre i ragazzi che sapevano di essere ragazze indossarono il blu, il che li rese bersaglio di severi castighi.
Su ordine del diavolo, ogni pluralità venne bandita dal regno e fu imposta una rigidissima dualità, chi non era un amico era un nemico.
Affinché questa dualità non venisse contaminata dalla dialettica, il Ministero della Cultura fu bandito dal regno. L’atto del pensare, una volta considerato un ostacolo, divenne un crimine. Fu estinto anche il Ministero del Lavoro, poiché il diavolo inculcò nella nobiltà che il lavoro schiavo era molto più redditizio del lavoro salariato, così pesante per gli asini di marchesi e conti.
Non contento di causare tale confusione nel regno, il diavolo decise di intervenire sull’educazione dei suoi sudditi. Per il re, tutti i monarchi che lo avevano preceduto avevano avvelenato l’educazione con la famosa piaga dell’”ismo”, contaminando in tal modo la visione degli studenti che vedevano rosso dove c’era il verde. Così, Sua Maestà, cercò tra i 90.000 professori universitari del regno uno capace di sradicare tale minacciosa malattia. Non ne trovò uno.
Fu obbligato a importare dal regno vicino u insegnante ritenuto sufficientemente capace di assicurare un’educazione priva di qualsiasi senso critico e di protagonismo sociale.
L’igienizzazione delle menti piacque molto al diavolo.
Nell’alfabetizzazione, tutti i metodi che associavano parole e idee furono esclusi e fu adottato il metodo fonico, dove si ritagliavano le lettere per formare parole.
Il gioco dei Cruciverba era severamente vietato perché favoriva la semantica a scapito della sonorità dei vocaboli.
Il ministro incaricato delle relazioni con i regni vicini parlava giavanese. Nessuno capiva nulla, il che non aveva la minima importanza, dal momento che il suo interesse era quello di sentirsi circondato da ammiratori e, preferibilmente, da adulatori. La sua diplomazia consisteva nel più rigoroso verticalismo, privilegiando la relazione con il Cielo, a scapito di ogni orizzontalità del buon vicinato con gli altri regni.
Molti secoli dopo il ritrovamento del manoscritto, ne fu scoperto un altro in un regno del Sud, frutto del lavoro di un discendente di schiavi. Si intitolava “A Igreja do Diabo”. (La Chiesa del Diavolo). L’autore si chiamava Joaquim Maria Machado de Assis. Ma questa è un’altra storia.

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