L’anima del vino
Nelle bottiglie, a sera, l’anima del vino
cantava: “O uomo, dalla mia prigione
di vetro e ceralacca, sventurato che amo, ti giunga una fraterna, luminosa canzone!
Io so quanto sudore e quanta pena
e fiammeggiar di sole sull’ardente collina servano a darmi l’anima e la vita:
ma non sarò né ingrato né maligno,
perché immensa è la gioia di cadere
nella gola d’un uomo sfibrato dal lavoro,
e nel suo caldo petto so cavarmi una tomba
ben più dolce di un’algida cantina.
Non senti, nel mio seno palpitante,
squillare le domeniche, trillare la speranza?
I gomiti sul tavolo, la giubba sbottonata,
celebrerai contento la mia gloria;
a tua moglie estasiata ravviverò lo sguardo,
forza e colori ridarò a tuo figlio;
per quel fragile atleta della vita
sarò l’olio che assoda le braccia dei lottatori.
E in te mi spargerò, seme prezioso
gettato dall’Eterno, ambrosia vegetale,
perché dal nostro amore sprizzi la poesia
verso Dio, come fiore inaudito!”
(39)