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Pandemia della fame

Come se il genocidio promosso dal governo Bolsonaro non bastasse, favorendo il contagio di 20 milioni di persone e la morte di 400 mila in Brasile, molte delle quali asfissiate in casa o in fila agli ospedali per mancanza di posti letto, il popolo brasiliano si trova ora di fronte a un altro fattore letale: la fame.

A dicembre 2020, su 213 milioni di brasiliani, 20 milioni non avevano letteralmente nulla da mangiare. 117 milioni non sapevano cosa avrebbero mangiato il giorno dopo, sono sopravvissuti all’insicurezza alimentare. I dati provengono dalla rete di ricerca brasiliana sulla sovranità alimentare e nutrizionale.

Basta guardare le strade del Brasile per vedere tristemente quanto sia attuale la poesia “O bicho”, di Manuel Bandeira (1947): Ieri ho visto un animale/nella sporcizia del cortile/raccogliere cibo tra i detriti./ quando trovava qualcosa,/ non la esaminava né annusava: deglutiva avidamente./ L’animale non era un cane,/ non era un gatto,/ non era un topo./ L’animale, mio Dio, era un uomo”.

Il Covid ha imposto alla maggioranza dela nostra gente un dilemma shakespeariano: mangiare o morire infetti.

Se rimani a casa ed eviti la folla nei trasporti pubblici e al lavoro, corri il rischio di morire di fame per mancanza di risorse. Se esci per guadagnarti il pane quotidiano, rischi di morire contagiato.

Un governo che incrocia le braccia di fronte alla pandemia, non amplia le politiche sociali, non garantisce un reddito di base per l’intera popolazione al di sotto della soglia di povertà, riduce la spesa per la sanità e istruzione, e, comunque libera il commercio delle armi, sarebbe un governo genocida.

Naturalizzeremo il genocidio brasiliano? Temo per il mio grado di umanità.

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