LA RIVOLUZIONE DI UN BACIO
Che Giotto fosse stato geniale a pitturare quel
papa che sogna mentre Francesco, il santo, regge
la chiesa, è cosa nota, ma che fosse così attuale
non l’avremmo forse immaginato.
Oggi però nel letto del papa dorme Francesco. E
non sappiamo fino in fondo come sia possibile
conciliare i due personaggi in uno. Non è facile
che dormano insieme la profezia e il potere. La
morale cattolica lo vieterebbe come un “rapporto
rischioso”. Perché la profezia toglie il sonno al
potere e il potere fa addormentare la profezia.
La profezia apre le finestre per dare aria alla
chiesa, il potere le chiude perché pensa che si
ammalerebbe di influenza. Il potere non desidera
infatti che la chiesa si ammali di profezia. Perché
non sarebbe in grado di gestirla.
Forse c’è un vizio di fondo. Quando si vuole
giustificare una struttura così com’è sottolineando
la sua parentela con il vangelo. La chiesa come
struttura di potere mostra di aver perso la
parentela con Gesù e di non somigliargli più.
Se uno legge le 15 malattie che Francesco ha
elencato qualche anno fa nel discorso alla curia
romana, si domanda come possano sedersi nella
chiesa persone che hanno scelto il potere? In ogni
luogo e anche nella chiesa vi sono seduti accanto
santi e peccatori. La questione è un’altra e cioè
quanto una struttura scegliendo il potere abbia
imposto, anche in nome di Dio, alle persone, il
sacrificio. La visione antisacrificale di Gesù è
l’antidoto più efficace contro il potere. Ma chi
sceglie il potere rimette al centro del proprio
sistema il sacrificio a costo di sacrificare Dio
stesso. In fondo la chiesa cattolica nonostante le
riforme ha mantenuto un impianto di potere
modellato sullo stampo costantiniano. Non solo
nella struttura degli organismi, ma soprattutto nella
struttura mentale. Continua a essere di fatto una
struttura monarchica.
Il fatto che alcuni si scandalizzino nella chiesa
delle parole di papa Francesco, e pensino
soprattutto che a fare scandalo sia lui, sta nel fatto
che sono assolutamente convinti di ciò che ricorda
il Grande Inquisitore: è stato Costantino a salvare
Cristo e non viceversa.
Perché pensano: si, Gesù ha avuto l’idea, ma poi
l’ordine l’ha dato Costantino. La bugia istituzionale
sta nel fatto di continuare ad attribuire a Cristo
quello che Costantino ha voluto. Quando dico
Costantino non penso alle responsabilità storiche
che ha avuto l’imperatore, ma a quello che questo
modello imperiale ha provocato nella
trasformazione del modello istituzionale della
chiesa. Certo, le cose sono cambiate in parte nella
riflessione teorica, ma nella prassi questo modello
persiste. I vescovi di fatto non hanno mantenuto la
posizione di prefetti dell’impero con connessi
privilegi? Sanno di essere dei prefetti nel loro
modo di influenzare la scena politica, nel loro
modo di impartire direttamente o indirettamente
ordini.
Francesco nel suo discorso a Firenze alla Chiesa
italiana contesta questo modello, ma i vescovi
sembrano in buona parte ignorarlo e proseguire
impermeabili nella loro direzione.
Da qui nasce tutto quell’apparecchio della “tavola
del potere” che vede chiesa, esercito, economia,
potentati politici spesso con lo stesso abito. Quello
delle cerimonie. Infatti in ogni cerimonia pubblica i
soggetti ci sono tutti. Il potere ecclesiastico ad
esempio continua a benedire le banche e le
banche continuano a mandare assegni alle curie.
I politici promettono ai vescovi finanziamenti alle
scuole cattoliche e i vescovi in cambio promettono
cattolicissimi voti di sostegno alle loro candidature.
Perfino le liturgie ufficiali sono icona di questo
sistema di scambio: carabinieri col pennacchio ai
lati dell’altare, istituzioni politiche ed economiche
in prima fila. Una bella foto di famiglia.
Vi sono nodi che in una qualsiasi democrazia
dovrebbero essere sciolti. La chiesa dice di non
essere una democrazia. Come se esserlo fosse
azzerare la sua differenza. Però se non pensa di
essere una democrazia non può in ogni caso non
rispettare al suo interno i diritti delle persone. Una
ragazza del liceo una volta ha detto “mi
piacerebbe andare a parlare con un prete. Ma
vorrei che fosse una donna. Perché non è
possibile?”. Chi saprebbe rispondere a questa
domanda a cui seguirono altre: se Gesù nel
vangelo ha difeso le donne e le ha liberate dal
dominio dei maschi, perché la chiesa fatta da
maschi continua a escluderle? C’è qualcosa nel
corpo della dona che non potrebbe
“rappresentare” Dio? Eppure la donna nel suo
corpo che genera la vita non contiene la qualità
più divina dell’umano? Poi incalzante aveva
aggiunto: una esclusione come questa come si
potrebbe chiamare? Un giovane che studiava
filosofia all’università e si era sentito escluso per la
sua differenza, per la sua omosessualità, aveva
detto in una discussione simile: come potrebbe
essere considerata questa esclusione davanti a
una commissione per i diritti umani? “Razzismo di
genere”? si potrebbe accettare questo? Se in una
istituzione si vietasse l’accesso a un compito in
base al genere? Se in una scuola si dicesse tu no
perché sei donna? O per un lavoro, tu no perché
sei donna? Se poi si attribuisse a Dio questa
scelta non si trasformerebbe “ un razzismo
ecclesiastico” in un “razzismo teologico”? si
potrebbe immaginare una chiesa in cui le donne
potessero avere gli stessi compiti degli uomini?
Sarebbe la stessa cosa? Ci sarebbero gli stessi
abusi? Le stesse chiusure e deformazioni? Le
stesse “malattie”? quanto guadagnerebbe la
chiesa in bellezza? Un’altra domanda una volta
l’aveva posta un vecchio contadino che aveva
l’abitudine di leggere il vangelo tutti i giorni e
sembrava lui stesso diventato vangelo: ma perché
i preti sono così diversi da noi? Dicono di
conoscere Dio ma quasi nessuno conosce la terra.
non sanno come germoglia un fiore, come cresce
un albero, non si commuovono davanti a un bosco
che muore…
Ma di che pasta sono fatti? Sembrano vivere in un
altro mondo…aveva torto quel contadino?
Di fatto la “classe sacerdotale” è sempre stata
trattata come una classe di privilegiati. I seminari
nonostante il mondo sia cambiato continuano a
essere strutturati come al tempo del concilio di
Trento. Luoghi per scapoli che poi dovrebbero
guidare comunità, ma sono quasi sempre
analfabeti delle relazioni, inesperti della terra
credono di avere in tasca le chiavi del cielo.
Vivono il loro percorso in luoghi in cui anche la
formazione migliore non riesce spesso a sradicare
la deformazione di fondo: crescere pensando di
essere “migliori degli altri”. Ho visto giovani suore
piangere. Donne straniere diventare ancora più
straniere. Strette dentro un paravento di piccole e
pettegole gelosie. Non rispettate spesso nei loro
elementari diritti.
Papa Francesco ha parlato della “tratta delle
suore”. Cosa direbbe una commissione dei diritti
umani rispetto a giovani donne venute dall’estero
che si ritrovano spesso nei conventi in situazioni di
umiliazione, di subordinazione, di ricatto? Cosa si
direbbe davanti a ragazze africane o dell’est che
fanno spesso da serve negli istituti religiosi? Che
se sono mandate a studiare per l’istituto, nel caso
in cui cambiassero idea, sono tolte
immediatamente dalla scuola anche alla vigilia del
diploma o della laurea, e mandate “scalze” a
casa? Si potrebbe accettare un trattamento da
serve della gleba?”.
Queste domande, queste questioni aperte
potrebbero dire oggi quanto il problema della
chiesa sia prima di tutto un “problema mentale”.
Cioè un problema legato all’abuso di potere.
Il potere non accetta la libertà di pensare. Di
questo sanno qualcosa quei teologi e teologhe
che hanno subito abusi. Cosa direbbe la stessa
commissione dei diritti umani degli abusi subiti
nella loro dignità di pensatrici e pensatori, di coloro
che hanno dovuto perdere l’insegnamento per non
andare contro la loro coscienza? Come
giudicherebbe la stessa commissione coloro che li
hanno emarginati, esclusi e umiliati? Non è giunto
il tempo di riabilitare tutti questi teologi e teologhe?
Non abbiamo bisogno di teologi di corte. Se la
teologia diventasse un bene comune, una teologia
pubblica appunto al servizio dell’umanità? Una
teologia che non divide i “diritti di Dio” dai diritti
dell’umanità? Per cui ogni volta che si lede un
diritto umano si compie un delitto contro Dio…?
Il papa è stato accusato di essere teologicamente
debole. Quando ha proposto il vangelo “sine
glossa” è stato tacciato di essere un sentimentale,
evangelico fondamentalista. Magari comunista.
Questa sua presunta “debolezza” si è rivelata di
fatto la sua “forza” perché ha scelto il vangelo e
non il potere. Il fatto che vangelo e diritti umani
siano per lui inscindibili dovrebbe riscrivere le
priorità nelle agende delle nostre chiese, delle
nostre città.
Il teologo Metz diceva molti anni fa ormai, nel suo
testo, “Al di là di una religione borghese”, che un
uomo solo, anche se illuminato, non può cambiare
il cammino della chiesa. E forse questa non è solo
l’ora, talvolta drammatica di uno, ma l’ora di tutti e
di tutte. Di tutti coloro a cui sta a cuore il vangelo.
Di tutti coloro che non hanno mai scelto il trono di
Costantino.
In questo aspettare che la riforma per quanto
illuminata, venga dall’alto, non è sufficiente.
Bisogna che il “contagio” della riforma parti dal
basso e inizi in piccoli cambiamenti. Sarebbe bello
immaginare come poteva finire quel dialogo tra
Gesù e il Grande Inquisitore, vero gioiello della
letteratura mondiale. Gesù resta tutto il tempo
muto e poi da un bacio sulle labbra al cardinale di
Siviglia.
Se gli avesse messo tra le mani il vangelo? Se in
un attimo gli avesse aperto gli occhi su tutte le
occasioni mancate per chi preferisce il potere
all’amore? Perché quel bacio, se non per ridestare
il luogo più abusato dal potere che è il corpo? Per
liberarlo dai lacci della violenza?
Gesù, scrive Dostojevski, esce dalla galera buia e
se ne va nella notte, nelle strade della città che
ancora dorme. Potremmo immaginare dove sarà
andato, cosa avrà fatto, come avrà raccontato
quell’incontro da prigioniero. Possiamo
immaginarlo aspettare l’alba con i suoi amici,
donne e uomini della strada…Ma non ci è dato
sapere di tutto questo. La leggenda si conclude
con il fremito del corpo dell’Inquisitore che rimane
però nella sua ostinata certezza.
Possiamo sperare, che Cristo ritorni a baciare la
chiesa sulla bocca.
Marco Campedelli
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