Antonio Vermigli articoliArticoli

Rete di Quarrata – Lettera Natale 2017

Carissima, carissimo,
quest’anno in particolare mi appare chiaro quanto questo Natale sia dalla parte degli impoveriti. Ognuno di noi sa quanto abbiamo oggi bisogno di creare momenti di incontro e di amicizia, di solidarietà e di aiuto concreto nei confronti di chi si ritrova impastoiato in qualsiasi tipo di povertà, da quella che costringe a indossare vestiti laceri e sporchi, a dormire sotto i ponti e dentro cartoni. E quella ancor più spietata che degenera in emarginazione e solitudine, in delusione e disperazione, in rabbia e violenza. Quella delle centinaia di milioni di uomini e donne che nel Sud del mondo soffrono perennemente la fame e l’esclusione. Conosciamo tante storie con cui siamo in contatto e con cui abbiamo creato una relazione di solidarietà, che ci descrivono, purtroppo quanto la povertà sia profonda. Questi amici ci interpellano ogni giorno con i loro volti segnati dal dolore,  dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione delle libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria alla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata. Questa povertà ha il volto di donne, di uomini e bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro.
In questi giorni sto accompagnando Aleida Guevara, la figlia del Che, in giro per l’Italia per ricordare a 50 anni del suo assassinio i valori per cui ha vissuto, lottato e morto. Aleida insiste sull’importanza della ricerca dell’unione tra coloro che credono e lottano per un mondo migliore, fondamentale è la scuola, la cultura, solo un uomo e una donna colti possono essere rivoluzionari e perseverare in questo cammino, l’importanza che alle parole, ai proclami, i politici e non solo, debbano seguire i fatti! La solidarietà non è dare il superfluo ma condividere con chi non ha.
È Natale, noi credenti siamo chiamati a rispondere al suo messaggio, lo dimostra il richiamo dei Salmi, l’esortazione ad amare con i fatti e non a parole come evidenziano le lettere di Giacomo e di Giovanni, la rievocazione dello stile di vita solidale delle prime comunità descritte negli Atti degli Apostoli, l’eco del discorso della montagna, all’insegnamento di San Giovanni Crisostomo sulla sacralità del povero e all’esempio di San Francesco d’Assisi.
Credo che la povertà sia l’atteggiamento del cuore che impedisce di pensare al denaro, alla carriera come obiettivo di vita e condizione per la felicità, è il metro che ci permette di valutare l’uso corretto dei beni materiali, e anche di vivere non egoistico e possessivo i legami e gli affetti.


 

La decisione di Trump di dare a Gerusalemme l’investitura di capitale di Israele liquidando la soluzione dei due Stati in Palestina non a caso segue di pochi mesi la legge di “sanatoria” con cui la Knesset aveva “regolarizzato” gli insediamenti dei coloni in Cisgiordania espropriando i terreni privati palestinesi su cui le case erano state costruite. Dunque tutto era già consumato; Trump non ha fatto una cosa che era già avvenuta, però ha messo fine a una speranza che aveva permesso ai palestinesi di sopravvivere nella sciagura e a Israele di adagiarsi in relativa sicurezza sul risultato già raggiunto. Perciò è stata una decisione assai grave. Essa non solo riconosce Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele, cosa che in se stessa sarebbe del tutto legittima se riguardasse la parte israeliana della città dove già hanno sede il governo e la Knesset,  ma suggella l’occupazione militare della parte di Gerusalemme conquistata nel 1967 che, secondo il diritto internazionale, è un territorio occupato di cui non è lecito mutare lo status; al contrario la decisione di Trump legittima l’annessione, che di fatto è annessione ad Israele di tutta la Palestina, cioè anche della Palestina palestinese ed araba la cui esatta definizione è “Territori occupati” e che avrebbe dovuto essere, secondo gli impegni internazionali sempre ripetuti in questi sessant’anni, il territorio dello Stato palestinese.
Trump ha detto di mantenere l’opzione a favore dei due Stati in Palestina, ebraico l’uno, arabo-palestinese l’altro, ma di fatto ha sotterrato questa ipotesi e lasciato quindi tragicamente insoluta la questione del popolo palestinese, per il quale non è pensata ormai da nessuno altra sorte che quella di una minoranza non riconosciuta e discriminata all’interno dell’unico Stato di Israele, che la Knesset sta definendo per legge come uno “Stato per gli ebrei”,  nel quale ai soli ebrei è riconosciuto il diritto all’autodeterminazione.
In questo Natale sono convinto che sia giunto il momento di riagganciare il piacere di vivere, di esserci, di crescere, liberandosi della preoccupazione infantile di avere a tutti i costi l’approvazione degli altri. La crisi economica che stiamo attraversando ci chiama a fidarci di più delle nostre intuizioni, imparare a convivere con lo smarrimento del presente, al rimettere al centro il piacere di vivere, ritrovando in tal modo il senso della meraviglia verso la vita, la gioia della conquista e il fascino del mistero.
Questo è l’augurio per il prossimo Natale.
antonio

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